lunedì 30 aprile 2012
mercoledì 4 aprile 2012
Gli algoritmi nel futuro della finanza
La versione estesa di quest’articolo é pubblicata su la Rivista Limes, sul numero ”A che serve la Democrazia?”
L’evoluzione dei mercati finanziari, dopo la crisi globale, è sempre più al centro del dibattito sociale e politico. La finanza è infatti il sistema nervoso del capitalismo, una struttura estesa, astratta e dinamica che accompagna il funzionamento di un’economia mondiale sempre più interconnessa. Nonostante la grande attenzione dedicata al settore, nel dibattito attuale non sono messi in luce alcuni elementi fondamentali che ne stanno guidando l’evoluzione. In particolare, possiamo notare come oggi le tecnologie informatiche non abbiano soltanto una valenza infrastrutturale, di supporto all’esecuzione delle decisioni di investimento, ma sono sempre più il centro della dinamica del settore. Algoritmi e agenti virtuali sono coinvolti nel trading, producendo ed eseguendo in modo autonomo importanti movimenti di titoli e di capitali.
Il trading algoritmico o “algotrading” è l’utilizzo evoluto di programmi e sistemi automatici per la definizione del prezzo, della quantità e del timing degli ordini. In misura crescente accade che tali operazioni siano svolte senza l’intervento umano, che spesso si riduce alla gestione delle emergenze e ad un potere di veto sulle posizioni più rischiose.
Un caso di successo esemplare è quello di Renaissance Technologies, il fondo creato dal leggendario Jim Simons, che, con 23 miliardi di dollari di “assets under management”, vale a dire di fondi affidati da terzi, è uno dei principali hedge fund al mondo. In realtà, strutture come Renaissance Technologies non assomigliano tanto alle tradizionali istituzioni finanziarie, quanto a dei centri di ricerca: una porzione significativa dei dipendenti è infatti costituita da “quants”, persone con una formazione avanzata in matematica, fisica e metodi quantitativi che hanno l’obiettivo di costruire modelli e algoritmi sempre più avanzati, affrontando le tematiche finanziarie con modalità simili a quelle con cui si svolgono ricerche nell’ambito delle scienze naturali.
Negli ultimi anni ha assunto una particolare rilevanza l’high frequency trading, la negoziazione di operazioni ad alta frequenza, una forma particolare di trading algoritmico, legata alla capacità dei programmi automatizzati di produrre ed eseguire decisioni di investimento ad un ritmo molto superiore a quello umano. L’impatto di queste tecnologie è già molto importante: soltanto dal 2005 al 2009, l’incidenza dell’HFT nei mercati azionari è cresciuta del 164% e, negli Stati Uniti, questa forma di gestione delle operazioni governa, in volume, oltre il 70% delle transazioni. Secondo delle stime recenti l’high frequency trading nel 2010 ha mosso il 56% del valore delle negoziazioni di titoli azionari negli Stati Uniti, il 38% in Europa e dal 10 al 30% in Asia. Singole aziende come Getco, fondata poco più di 10 anni fa, ora possono arrivare a gestire il 10% delle transazioni su alcune piazze.
In particolare quest’ultimo trend sta modificando la configurazione dei mercati, causando mutamenti le cui conseguenze non sono ancora pienamente comprensibili. Ad esempio ci sono stati alcuni episodi, come il “flash crash” del 6 Maggio 2010, il più elevato crollo intra-day dell’indice Dow Jones mai verificatosi, nel corso del quale si è manifestata una discesa di 900 punti recuperata dopo pochi minuti. L’interpretazione di questo evento è tuttora controversa. Un’indagine della Securities and Exchange Commission e della Commodity Futures Trading Commission ha affermato alcune responsabilità degli attori legati all’high frequency trading nell’aumentare la volatilità. Numerosi studi empirici sono giunti a conclusioni diverse, ad esempio uno studio della Kauffman Foundation, che ha attribuito la responsabilità sugli exchange traded funds. Alcuni sostengono anche che l’HFT abbia un ruolo principalmente sano dentro i mercati, dato che gli attori che utilizzano queste tecniche aggiungono liquidità e rendono più efficiente la struttura dei prezzi. Il dibattito è ancora aperto e, con il diffondersi di queste tecnologie, probabilmente si acuirà nei prossimo anni.
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