sabato 28 luglio 2012

Machine Learning and Public Policy


The realm of policy and politics is considered to be distant from the latest findings in computer science. Nevertheless, this is no more true. We are now experiencing exciting developments in the subset of artificial intelligence called  “machine learning”, the engineering of algorithms aimed at identifying patterns in large and complex datasets. For instance, anti-spam filters are machine learning algorithms that are trained in identifying and filtering emails that can be labeled as malicious or trivial. High quality results are achievable because machine learning software is trained with “examples” in order to learn how to identify specific characteristics in the underlying data, then it is exposed to real data with the aim to label them and separate those with the desired qualities.
There are different paradigms of machine learning, such as Bayesian networks and reinforcement learning, and some of them are mimicking biological processes, as in the case of neural networks and genetic algorithms. There are broad applications, from speech recognition to game playing, and the policy implications are huge.
One of the frontiers of this field is “unsupervised learning”, the development of algorithms able to deliver good results without the prior exposure to a training data set. Few weeks ago, in June 2012, a major development was in this discipline: a group of researchers, based at Google and Stanford University, developed a strong advancement in “deep learning” techniques, creating a neural network able to identify high-level features in a very complex dataset. Specifically, they developed a large-scale neural network with 16.000 processors and 1 billion connections that was capable of identifying very complex structures, such as cat profiles, in YouTube videos.
The evolution of machine learning is coupling itself with the more broader “big data” revolution that is now affecting business and the academia. Harvard University has recently announced a new Master in Computational Science and Engineering, Stanford University has a certificate in Data Science and there are also new tailored programs, such as the joint Ph.D. program in Machine Learning and Public Policy at Carnegie Mellon.
Most of the applications of these techniques for government and policy are yet to discover: a lot of them will be in the realm of national security and military science. For instance, intelligence, counterintelligence, antiterrorism and cryptography will be enriched with new methods to extract information and meaningful patterns from an increasing amount of data collected from both open and confidential sources. Smart algorithms will be able to analyze log files and find cyber-intrusions, detect fraudulent financial transactions and spot potential pandemics in a very early stage. In the governmental area, data from the public administration, the environment agencies and the municipalities have the potential to be processed in smart ways, increasing the potential for high-impact and tailored public policies based on empirical evidence.
It is highly probable that machine learning tools will have an increasing impact because of the scientific research, that is empowering algorithms and their efficiency, and the increased available computational power, based on technological trends such as the Moore’s law and the new large data centers with parallel computing that are the technological base of Google, Amazon and other internet businesses. Moreover, the widespread diffusion of sensors and input devices is going to expand dramatically the amount of available data.
Our world of chaotic and unstructured data may change soon, the ability of computer algorithms to extract meaning from them is already affecting the way in with we live and work.

Verso Harvard: né cervello né fuga


Sto partendo per gli Stati Uniti, andrò due anni alla Harvard Kennedy School dove mi occuperò di policy, finanza ed innovazione. Continuerò a scrivere a distanza, cercando di raccogliere e trasmettere stimoli ed osservazioni. Ci tengo però a sottolineare una cosa: non sono un cervello in fuga.
Partiamo dalla prima parte: non sono un cervello.
L’esperienza che sto per fare deriva in parte da circostanze fuori dal mio controllo, in parte da una continua iterazione e tentativo di miglioramento che è alla portata di tutti.
Non ho avuto un percorso lineare, ho cambiato spesso traiettoria ed ho vissuto in sei città diverse in pochi anni. Sono nato in una città di provincia, Pescara.  Ho avuto un importante vantaggio iniziale, vale a dire due genitori intelligenti che, provenendo entrambi da background economici svantaggiati ed essendosi successivamente fatti strada nella vita, hanno attribuito grande importanza all’impegno nello studio e nel lavoro. Pescara è bella quando si è piccoli ma successivamente, se si hanno ambizioni culturali, scientifiche o creative, diventa stretta. Paradossalmente questo è stato un punto di forza: da allora ho capito quanto un contesto, il frame cognitivo dei tuoi conoscenti, può determinare la tua vita, i tuoi pensieri, i tuoi standard di ambizione. In città avevo costruito un micro-mondo difensivo per acquisire stimoli, un interesse per le bbs e poi per internet, per le controculture, per alcune forme di attivismo sociale. Tutto questo dopo non ha retto. Dopo la laurea e un’esperienza di lavoro di sei mesi in Confindustria, a contatto con le imprese del territorio, sono approdato a Milano per il dottorato di ricerca in Bocconi. Questo percorso, unito al Collegio di Milano, mi ha cambiato prospettiva, anche se già avevo effettuato alcune esperienze prolungate all’estero. Parte dei miei interessi e attività, che nella mia città di origine erano considerati solo cose bizzarre o perdite di tempo, per le quali di fatto mi sentivo in colpa, a Milano erano utili, talvolta creavano opportunità di crescita professionale e di reddito. Avere interessi divergenti (tecnologie informatiche, macroeconomia, politica) poteva essere un pregio e non un limite. Un mix di stimoli, dalle persone di talento del Collegio, alla ricerca di dottorato sul caso Olivetti al riaccendersi di un vecchio interesse personale per le tecnologie in rete mi ha fatto avvicinare al mondo delle startup. Dopo il Ph.D. sono andato a lavorare di nuovo in Confindustria per un anno, prima a Varese e poi a Roma. Mentre ero alle prese con la parte più “old” del nostro mondo imprenditoriale, visitando decine di capannoni nel varesotto e nel gallaratese, parlando con gli imprenditori, analizzando decine di bilanci e valutandone il merito di credito ho iniziato a lavorare a diversi progetti digitali, di notte e nei weekend. Alcuni hanno avuto successo, altri meno. Il mio contributo a Lo Spazio della Politica ha iniziato ad espandersi durante questo periodo, poi culminato con l’organizzazione di Butterfly Web. Sono anni caratterizzati da mille tentativi e fallimenti, in cui ho fatto una moltitudine di errori. Decine di volte ho detto o scritto cose sbagliate o inappropriate nel corso di incontri con potenziali investitori, colloqui di lavoro, application per grant di ricerca o simili. Poi alcune sono andate bene, dai premi alle esperienze di lavoro gratificanti. Ma per ogni successo c’è stato un cimitero sterminato di tentativi.
Tutto questo ci porta al punto successivo: non sono in fuga.
Negli ultimi due anni ho fatto un lavoro fantastico, occupandomi di gestione degli investimenti in un fondo di venture capital, Annapurna Ventures. Ho avuto la fortuna di lavorare con l’ex country manager di Google Italia, e con decine di imprenditori intelligenti. Ho avuto anche la possibilità di collaborare come docente per il Collegio di Milano, dove ho strutturato un corso sul tema imprenditorialità e tecnologie in rete, e come advisor per l’American Chamber of Commerce. Sostanzialmente non sto fuggendo, perché sono e sarò coinvolto con l’Italia con vari progetti, da RENA a LSDP, e perché mi lascio alle spalle qualcosa di positivo. Ha però prevalso la voglia di esplorare e di realizzare un sogno che avevo da molti anni. Ho fatto application solo per Harvard, one shot. E’ andata meglio del previsto, oltre all’ammissione un finanziamento completo, con la possibilità di mantenermi in modo dignitoso. Ho una dolcissima compagna che mi sta supportando, e sopportando, e che non è intimorita dalla prospettiva di cambiamenti radicali, nell’incertezza se riusciremo a riunirci negli Stati Uniti, in Italia o altrove.
Tutto ciò avviene dopo un retroterra di false partenze, tentativi abortiti, varie esperienze che hanno lasciato con l’amaro in bocca. Con il senno di poi molte di queste hanno portato le lezioni e le decisioni migliori. Ad esempio, ricordo che la decisione di tentare Harvard è “arrivata” dopo un’importante stangata. Avevo appena fallito l’ultimo colloquio con i partner di Y Combinator, un acceleratore d’impresa americano, dove avevo presentato un progetto con due amici. Penso quindi che porsi obiettivi elevati, talvolta irrealistici, sia molto utile e consenta di raggiungere altre mete e successi non previsti.
Sottolineo anche il fatto che “noi siamo rete”: i nostri pensieri, ambizioni e decisioni sono fortemente determinati dal contesto, che non scegliamo, ma la buona notizia è che almeno in parte c’è la possibilità di creare il nostro mondo e di agganciarci a contesti positivi e persone proattive. Oggi, con le tecnologie in rete, è molto più facile che nel passato. Interagire costantemente con individui che intendono migliorare il proprio paese (come i ragazzi di LSDP, RENA o The Hub), che magari vogliono cambiare il mondo (come la rete di startup italiane o gli alumni della Singularity University) o che vogliono avere un impatto rilevante in ambito professionale e accademico (dal Collegio di Milano alla Bocconi), ha cambiato profondamente anche me. Inoltre, è bello vedere quando si genera una spirale positiva, quando all’interno di una rete si riesce anche a distribuire energia e stimoli, oltre che a riceverli. Ha sempre meno senso parlare di fuga in senso stringente: so che nei prossimi anni, in Italia o all’estero, sarò sempre “connesso” a queste reti ed avrò modo sia di contribuire che di attingere ad esse. Sia individualmente che collettivamente ci saranno possibilità di sperimentazione, apprendimento ed evoluzione, occasioni con cui riusciremo a cambiare sia noi stessi che il mondo attorno a noi.

domenica 27 maggio 2012

The Future of Money in the Information Age

Sometimes the products of intellect are best appreciated several years after their first appearance, their anticipatory power becomes clear with the passage of time. It is the case of  The Future of Money in the Information Age”, a collection of essays produced by several authors and scholars. The publication was issued in 1997 by the Cato Institute, an influential libertarian think tank, and was edited by James A. Dorn.
The book explores the potential transformations of money, banking, financial regulation, taxation and trade generated by the evolution of digital technology and the explosion of the internet. There are contributions from both academics and practitioners, representing different perspectives, including a short essay by Alan Greenenspan, former Chairman of the Federal Reserve. In 2012 the issues analysed in The Future of Money are vivid and actual: the number of Internet users reached the level of 2,26 Billion and the amount of computing power commercially available is growing exponentially, creating the conditions for a further digitalization of financial services and institutions. Moreover, a global financial crisis weakened the faith in the ability of the existing financial architecture to promote stability and growth. This is probably the time were financial services, like other industries such as media and publishing, are most likely to be disrupted by digital innovation.
Even if the technological paradigm was different, during the 90’s social networks, cloud computing and smartphones were only in their embryonic form, The Future of Money identifies in a clear way some of the key drivers issues that are now disrupting the financial landscape. First of all ecommerce: after the internet bubble of the 90’s, electronic commerce is now an established reality and produces a significant slice of revenue in many industries. Secondly, financial innovation: established companies, like PayPal, or emerging ones, like Square, are disrupting the payment arena and new startups, like the one the are presented periodically in the Finovate Conferences, are innovating other areas such as personal finance, trading and investment management. Finally banking and monetary policy: besides the operational impact of information technology, related to an increase of speed, efficiency and computability of financial transactions, there is a more radical transformation that will potentially change the fundamental elements of the economic system. The creation of reliable forms of virtual currency will change dramatically the way in which political institutions govern the economy, such as taxation and regulatory authorities, and will probably transform central banking and the related monetary policy techniques. Virtual currencies will be harder to tax and control, will open the possibility of monetary experiments that, until now, were reacheable only at the local level, as in the case of Gesellian currencies that devalue with time. Most of all, virtual currencies will provide a potential new landscape of monetary competition and massive experimentation, something impossible in a system when currency emission and control are prerogatives of nation states and central banks.
The first two elements that we mentioned, ecommerce and operational financial innovation, are now fully unfolding: they are disrupting the business models of entire industries, such as the music industry, and are changing the landscape of market dynamics, as in the case of high frequency trading. Besides that, the impact of virtual currencies is still in its infancy. There are several experiments of virtual or quasi-virtual monetary systems, such as tokens, credits and game scoring tools, and sometimes there is a burst of media attention to specific currency systems, such as the Bitcoin. Moreover, there are several experiments of complimentary currencies and local currencies that are based on digital platforms, such as the Sardex, a commercial credit system now diffused in the Italian island “Sardegna”.  The bottom line is that now there is not a single dominant system or a set of universal principles that can create the “perfect” virtual currency, rather we have a coevolution of different models and tools that are specialized to address the needs of single communities and ecological niches.
The challenges related to the creation of virtual currency systems are still huge: cybersecurity, the need for effective encryption and protection of transactions and wallets, regulation, the fact that monetary systems are heavily regulated with different approaches in each country, stability, the problem that controlling inflationary and deflationary dynamics is not easy and that design of institution and rules is a key element. This issues are a limit but, in them, there is the seed of the future relevance of virtual currencies: they have the potential to overcome the limitations and burdens of traditional forms of monetary regulation. There is a big, open space to produce new platforms for currency creation ad management, the money in the information age is still in its infancy.
Raffaele Mauro

mercoledì 9 maggio 2012

Evento Singularity e intervista

Lo scorso 3 Maggio c'è stato un evento molto interessante Our Future Is Now. How Exponential Technologies Impact Our Lives, organizzato congiuntamente dal team della Singularity University e da Intesa San Paolo. Nel corso dell'iniziativa sono stato intervistato da Vodafone News, qui il link.

lunedì 30 aprile 2012

Peter Thiel, l'intellettuale delle startup


Un imprenditore ed investitore specializzato nell’alta tecnologia può essere un intellettuale? A questa domanda dobbiamo rispondere positivamente, se analizziamo il caso di Peter Thiel, fondatore di PayPal, noto venture capitalist e angel investor con The Founders Fund.
L’eco di Thiel, che per il suo investimento in Facebook compare in una scena di “The Social Network”, è giunto anche sui media italiani non specializzati. È stato recentemente nominato a “Otto e mezzo”, in una puntata dedicata alle polemiche sulle espressioni del viceministro Michel Martone, per il suo controversoprogramma di supporto delle iniziative imprenditoriali di giovanissimi studenti, lanciato con il vessillo di Mark Twain “I have never let my schooling interfere with my education”. Thiel ritiene infatti che il sistema educativo americano si basi su una bolla speculativa, in cui famiglie già pesantemente indebitate si accollano ancor più ingenti debiti per il college dei figli, che fornisce un titolo che genera aspettative irrealistiche sulle possibilità occupazionali.
Negli ultimi anni, Thiel è diventato un personaggio pubblico che cerca di interpretare il suo tempo, attraverso idee visionarie e polemiche, senza paura di muoversi nello “spazio della politica”. In alcune interessanti conversazioni con Niall Ferguson a Harvard e con Francis Fukuyama sulla rivista “The American Interest”, sintetizza la sua visione del mondo.
Thiel, a cui l’economista Tyler Cowen ha dedicato il libro The Great Stagnation, descrive la condizione del cosiddetto mondo sviluppato come “il luogo dove ci aspettiamo che non succeda più niente”. Nel recente passato, lo scetticismo sull’intervento dell’uomo sull’ambiente ha portato alla “proibizione per gli scienziati di sperimentare con le cose, permettendo loro di sperimentare solo coi bit”. Da ciò deriva da un lato la stagnazione relativa di molte discipline, dall’altra parte l’innovazione sempre più pervasiva e con maggiori ritorni economici che caratterizza l’informatica e la finanza. Le curve dell’innovazione e della stagnazione determinano le prospettive lavorative e le scelte degli studenti con maggiori capacità quantitative.
Contrariamente a quello che pensano in molti, Peter Thiel ritiene che il progresso tecnologico sia oggitroppo lento. Secondo il suo punto di vista, la scienza e le imprese tecnologiche, pur procedendo rapidamente, non riescono a tenere il passo con le sfide globali. Per questo, con una serie di inziative, come iBreakout Labs e la sua attività di angel investor, Thiel sta cercando di rompere numerose barriere, investendo in progetti di ricerca scientifica e startup tecnologiche che difficilmente potrebbero nascere con i criteri di selezione prevalenti al momento attuale, legati ad una forte avversione al rischio ed alla prevalenza di un’ottica di breve termine.
In politica Thiel, che parte da posizioni libertarie, non è però contrario all’idea di una pianificazione di lungo termine. Il suo problema, nell’analisi dell’America di oggi e dei modelli prevalenti nelle nostre società, è proprio l’assenza di un piano. Gli Stati Uniti si ritrovano con un governo pesante, ma privo di un “piano quinquennale”, o meglio un piano di qualunque tipo, una prospettiva di lungo periodo, visionaria e ostinata, da perseguire al di là dei fattori contingenti che influenzano l’attività politica.
(scritto in collaborazione con Alessandro Aresu, articolo originale qui)

mercoledì 4 aprile 2012

Gli algoritmi nel futuro della finanza


La versione estesa di quest’articolo é pubblicata su la Rivista Limes, sul numero ”A che serve la Democrazia?”
L’evoluzione dei mercati finanziari, dopo la crisi globale, è sempre più al centro del dibattito sociale e politico. La finanza è infatti il sistema nervoso del capitalismo, una struttura estesa, astratta e dinamica che accompagna il funzionamento di un’economia mondiale sempre più interconnessa. Nonostante la grande attenzione dedicata al settore, nel dibattito attuale non sono messi in luce alcuni elementi fondamentali che ne stanno guidando l’evoluzione. In particolare, possiamo notare come oggi le tecnologie informatiche non abbiano soltanto una valenza infrastrutturale, di supporto all’esecuzione delle decisioni di investimento, ma sono sempre più il centro della dinamica del settore. Algoritmi e agenti virtuali sono coinvolti nel trading, producendo ed eseguendo in modo autonomo importanti movimenti di titoli e di capitali.
Il trading algoritmico o “algotrading” è l’utilizzo evoluto di programmi e sistemi automatici per la definizione del prezzo, della quantità e del timing degli ordini. In misura crescente accade che tali operazioni siano svolte senza l’intervento umano, che spesso si riduce alla gestione delle emergenze e ad un potere di veto sulle posizioni più rischiose.
Un caso di successo esemplare è quello di Renaissance Technologies, il fondo creato dal leggendario Jim Simons, che, con 23 miliardi di dollari di “assets under management”, vale a dire di fondi affidati da terzi, è uno dei principali hedge fund al mondo. In realtà, strutture come Renaissance Technologies non assomigliano tanto alle tradizionali istituzioni finanziarie, quanto a dei centri di ricerca: una porzione significativa dei dipendenti è infatti costituita da “quants”, persone con una formazione avanzata in matematica, fisica e metodi quantitativi che hanno l’obiettivo di costruire modelli e algoritmi sempre più avanzati, affrontando le tematiche finanziarie con modalità simili a quelle con cui si svolgono ricerche nell’ambito delle scienze naturali.
Negli ultimi anni ha assunto una particolare rilevanza l’high frequency trading, la negoziazione di operazioni ad alta frequenza, una forma particolare di trading algoritmico, legata alla capacità dei programmi automatizzati di produrre ed eseguire decisioni di investimento ad un ritmo molto superiore a quello umano. L’impatto di queste tecnologie è già molto importante: soltanto dal 2005 al 2009, l’incidenza dell’HFT nei mercati azionari è cresciuta del 164% e, negli Stati Uniti, questa forma di gestione delle operazioni governa, in volume, oltre il 70% delle transazioni. Secondo delle stime recenti l’high frequency trading nel 2010 ha mosso il 56% del valore delle negoziazioni di titoli azionari negli Stati Uniti, il 38% in Europa e dal 10 al 30% in Asia. Singole aziende come Getco, fondata poco più di 10 anni fa, ora possono arrivare a gestire il 10% delle transazioni su alcune piazze.
In particolare quest’ultimo trend sta modificando la configurazione dei mercati, causando mutamenti le cui conseguenze non sono ancora pienamente comprensibili. Ad esempio ci sono stati alcuni episodi, come il “flash crash” del 6 Maggio 2010, il più elevato crollo intra-day dell’indice Dow Jones mai verificatosi, nel corso del quale si è manifestata una discesa di 900 punti recuperata dopo pochi minuti. L’interpretazione di questo evento è tuttora controversa. Un’indagine della Securities and Exchange Commission e della Commodity Futures Trading Commission ha affermato alcune responsabilità degli attori legati all’high frequency trading nell’aumentare la volatilità. Numerosi studi empirici sono giunti a conclusioni diverse, ad esempio uno studio della Kauffman Foundation, che ha attribuito la responsabilità sugli exchange traded funds. Alcuni sostengono anche che l’HFT abbia un ruolo principalmente sano dentro i mercati, dato che gli attori che utilizzano queste tecniche aggiungono liquidità e rendono più efficiente la struttura dei prezzi. Il dibattito è ancora aperto e, con il diffondersi di queste tecnologie, probabilmente si acuirà nei prossimo anni.

giovedì 15 marzo 2012

Anche in Italia la Global Impact Competition della Singularity University


Segnalo con piacere questa interessante iniziativa:
www.axelera.eu– 8 marzo 2012 - Nel corso della storia e in tutto il mondo, milioni di vite umane sono state migliorate dalle idee innovative. Potrebbe essere la vostra la prossima grande idea? La sfida lanciata da Axelera, in partnership con Singularity University,  consiste nel proporre un’idea o progetto per rendere migliore la vita, aumentare la felicità, la salute, l’istruzione, la sicurezza, le opportunità per il futuro di almeno 3 milioni di persone in Italia nei prossimi 3 anni, facendo leva sull’innovazione e sull’uso della tecnologia.  Singularity University è un vero e proprio think-tank della Silicon Valley, che già svolge annualmente concorsi in USA, Canada, America Centrale, Brasile, Russia e Spagna. Dal 2012, grazie al contributo di Axelera, anche l’Italia partecipa organizzando il Singularity Contest per l’assegnazione di una borsa di studio per il Graduate Studies Program 2012.
“Axelera vuole mettere assieme talento, tecnologia e consapevolezza,” spiega Eric Ezechieli, Presidente dell’Associazione, “da questi elementi emerge il potenziale per creare anche in Italia un futuro radicalmente diverso e migliore del passato che abbiamo conosciuto. Questo concorso è solo il primo passo.”
Il Premio
Il primo classificato nel concorso sarà ammesso come partecipante e riceverà una borsa di studio da USD $30.000 (trentamila dollari) per il Graduate Studies Program 2012 alla Singularity University, presso il centro di ricerca NASA Ames in California, durante l’estate 2012. Questo programma interdisciplinare di 10 settimane unisce eccezionali leader imprenditoriali ed accademici provenienti da tutto il mondo per sviluppare soluzioni volte a risolvere le più grandi sfide dell’umanità.
Cos’è Singularity University?
Singularity University è stata fondata congiuntamente da Peter Diamandis e Ray Kurzweil, che nel settembre 2008 hanno proposto un nuovo tipo di università, volta a sfruttare la potenza delle tecnologie esponenziali per risolvere le grandi sfide dell’umanità. Nel 2009 è stata istituita la sede della Singularity University presso il NASA Research Park nel cuore della Silicon Valley che da allora organizza ed ospita gli Executive Programs ed il Graduate Studies Program. La missione dell’Università è di riunire, educare e ispirare una nuova generazione di leader che si sforzino di comprendere e utilizzare le tecnologie in evoluzione esponenziale per affrontare grandi sfide dell’umanità.
“Da quattro anni Singularity University organizza i propri programmi d’eccellenza in California”, aggiunge David Orban, European Advisor di Singularity University e Founder di Axelera. “Con il concorso italiano le sue idee e i suoi metodi raggiungeranno un pubblico locale più ampio.”
Il concorso si è aperto l’8 marzo 2012 e terminerà l’8 aprile 2012. La comunicazione della selezione dei 15 migliori progetti avverrà entro il 20 aprile 2012 sul sito di Axelera e, successivamente, tra il 20 e il 30 aprile 2012 i 15 migliori progetti potranno essere contattati o convocati per approfondimenti, interviste o per ulteriori valutazioni.
I progetti saranno valutati da una commissione di esperti, composta da alumni di Singularity University, imprenditori e altri esperti nella valutazione di progetti imprenditoriali di innovazione.
Il regolamento completo è disponibile presso http://axelera.eu/singularitycontest/regolamento/ 
A proposito di Axelera
Axelera è un’associazione il cui scopo è diffondere una chiara comprensione delle dinamiche e tecnologie esponenziali e aggregare, ispirare e favorire lo sviluppo di una nuova leadership che valorizzi il potenziale Italiano per affrontare le grandi sfide del nostro tempo.
Viviamo un’epoca caratterizzata da un’accelerazione tecnologica senza precedenti che si traduce nell’aumento esponenziale di conoscenza e potenzialità umane. Trend tecnologici, scientifici ambientali, economici, sociali e culturali convergono e si intrecciano creando uno scenario complesso, denso di sfide e opportunità. Sono richiesti un nuovo impegno e modi di pensare radicalmente diversi.  Axelera vuole contribuire a migliorare la capacità del sistema economico, delle imprese, delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini di affrontare e creare un futuro desiderabile e aiutare a creare un ponte di collaborazione, apprendimento e scambio tra l’Italia / il Mediterraneo / l’Europa e le più innovative realtà del pianeta.
Per informazioni www.axelera.eu
Ufficio stampa
Elena Casalini @ Cosacome
Tel. 335 6262985 – 02 6470383
Skype elena.casalini

domenica 26 febbraio 2012

40 under 40: Ripensare l'Europa nella crisi


Nel mese di dicembre una parte del gruppo Lo Spazio della Politica ha avuto modo di partecipare al primo incontro del programma “40 under 40: Young European Leaders”, un programma pensato da alcuni think tank, EuropaNova, Friends of Europe, e supportato dal Ministero degli Esteri Francese, dalla Commissione Europea e da altri sponsor.
L’iniziativa ha riunito un gruppo di professionisti tra i 30 ed i 40 anni provenienti dalle diverse nazioni dell’Unione e dai differenti ambiti professionali: parlamentari europei e nazionali, imprenditori, professori universitari, scrittori, etc. Un gruppo eterogeneo ed interessante, che includeva personaggi brillanti come il simpatico matematico Cédric Villani, vincitori della medaglia Fileds (l’equivalente del Nobel per la matematica). Qualcuno non ha avito modo di partecipare, in alcuni casi per motivi più che validi: due delle donne selezionate nel frattempo sono state nominate ministro nei rispettivi governi, Johanna Mucha in Polonia e Ida Auken in Danimarca. Tra gli altri italiani selezionati, oltre al sottoscritto, c’erano Elena Fenili, dirigente dell’area studi politici in Unicredit, Riccardo Maraga, sindaco di Amelia, e Matteo Renzi (che non si è presentato).
Nel corso delle conferenze, uno degli elementi più curiosi è stato l’ottimismo di molti sulle sorti dell’Europa. Come è noto, l’economia dell’Unione nel 2012 rischia di attraversa una crisi di natura macroscopica, anche gli scenari più cupi – default a catena degli stati più indebitati, uscita dall’Euro – sono presi in considerazione da molti osservatori. Tuttora non sappiamo se le politiche economiche messe in atto sia al livello continentale e nei singoli stati nazionali saranno in grado di invertire la spirale che collega  il peggioramento della congiuntura economica con le aspettative negative. Sandro Gozi, politico con vocazione Europea già noto agli amici di LSDP, è intervenuto come ospite nel dibattito 40 under 40 lanciando la provocazione della “fine dell’Europa” o meglio della fine di “questa” Europa, sottolineando la necessità di un salto qualitativo (elezione diretta o indiretta di un primo ministro europeo, politiche fiscali comuni) per superare lo stallo attuale. La platea ha accolto la provocazione ed ha reagito dimostrando una fiducia inaspettata sulla visione e sull’importanza dell’Europa per il lungo termine, una configurazione di aspettative molto rilevante, dato che buona parte dei partecipanti era assolutamente consapevole della gravità della contingenza attuale.
Per il sottoscritto, che segue in modo indiretto le tematiche europee, la partecipazione al seminario è stata significativa. Uscire dalla “bolla” del dibattito italiano è sempre utile, come toccare con mano il fatto che buona parte dei fenomeni che viviamo attualmente nel nostro paese (crisi della politica, nuove forme di populismo, errori di policy, etc.) si stanno verificando, anche se in forme diverse, negli altri stati. Pur essendo consapevoli dei limiti strutturali del progetto europeo (relativi alla gestione della sovranità, della politica estera, della politica economica) è importante che la dimensione continentale del dibattito venga sempre tenuta a mente. E’ vero, esistono già gilde di “Euro-Nerd” – in parte lo siamo anche noi di LSDP – che seguono con dovizia l’evoluzione delle vicende dell’Unione. Tuttavia, nel prossimo anno far capire appieno la profondità delle interdipendenze tra gli stati Europei, sia in termini di cooperazione che di conflitto, sarà un “lavoro politico” importante. Elaborare in modo intelligente e chiaro i grandi temi europei, come fa ad esempio Matteo Minchio, o organizzare eventi di portata internazionale, come Butterfly Europe, sarà fondamentale.  Il prossimo incontro dei 40under40, che si terrà a Bruxelles nel 2012, sarà solo uno dei nuovi passi di LSDP in questa direzione.

martedì 14 febbraio 2012

I cinque livelli della crisi


Stiamo affrontando un periodo storico molto interessante e molto pericoloso. La crisi, iniziata ormai cinque anni fa – nel 2007 – è ancora in corso e potrebbe portare mutamenti nella struttura dell’economia mondiale, nelle nostre vite individuali e, forse, negli strumenti cognitivi con cui verrà letta la realtà economica nei prossimi anni. Se si cercano spiegazioni sulla crisi globale si trovano opinioni contrastanti, che leggono il fenomeno da prospettive teoriche, temporali e geografiche limitate. La realtà delle cose, come successe per la crisi del 1929 e la successiva “Grande Depressione”, è che le forze in gioco sono molte, eterogenee ed interconnesse. Alcune di queste correnti storiche sono molto profonde e trascendono la capacità dei singoli di intervenire, altre invece sono legate a scelte umane e quindi evitabili. La loro convergenza ha creato la situazione attuale. Vediamo di riepilogarle, partendo dal “macro”.

1) Lo spostamento dell’asse del potere globale

E’ in corso un processo secolare che sta colmando lo squilibrio nato alcune centinaia di anni fa, che ha lanciato l’Europa e successivamente gli Stati Uniti al centro dell’egemonia economica e politica globale. Non è stato così per sempre nella storia umana e non sarà così in futuro. Sta avvenendo un processo di convergenza, per quanto riguarda l’Asia, l’America del Sud e in misura minore l’Africa, che avrà delle conseguenze inaspettate, molte delle quali superano il nostro arco di vita. E’ un processo che non è di tipo deterministico, può essere modificato e formato da scelte umane: ad esempio, quello che si aspettano tutti, la futura egemonia economia e politica della Cina, non è affatto scontata e dipende dal verificarsi simultaneo di numerose circostanze. Nonostante ciò, il riequilibrio nell’asse del potere globale  procede a ritmo sostenuto, costruendo fratture nella geofinanza, allo stesso tempo contribuendo ed alleviando ad alcuni aspetti della crisi.

2) Il ciclo del debito di lungo periodo

Come ha sottolineato magistralmente Ray Dalio, al vertice del fondo Bridgewater, stiamo assistendo ad un altro fenomeno storico di lungo periodo, anche se di ordine minore rispetto al precedente (decenni invece di secoli). Ci riferiamo al cosiddetto “deleveraging”, al riequilibrio del livello di debito contratto nelle economi sviluppate. E’ una regolarità empirica che si verifica in diversi sistemi economici, dove negli anni di crescita c’è la tendenza ad una sovra esposizione al debito, per via delle aspettative di crescita futura eccessivamente positive, e – quando il sistema raggiunge un punto di rottura – lunghi periodi di riassestamento. E’ un fattore che è molto evidente per quanto riguarda il debito privato americano ma che risalta in misura ancora maggiore per quanto riguarda il debito sovrano dei paesi occidentali, Stati Uniti ed Europa, configurandosi come un fattore centrale per la nascita e lo sviluppo della crisi del 2007-12.

3) L’interconnessione tra tecnologia e finanza

Un altro elemento causale di grande rilevanza è la crescente integrazione tra finanza e tecnologia. Si tratta di un processo intrinsecamente né positivo né negativo, che porta grandi opportunità e crea allo stesso tempo nuovi rischi. Uno di questi è l’amplificazione delle interdipendenze tra settori e sistemi economici. Un crisi come quella dei “Saving and Loans” dei primi anni ’80 ebbe un impatto forte, ma non suscitò un effetto di contagio devastante al livello internazionale come nel caso degli ultimi shock finanziari. Inoltre l’innovazione tecnologica si sposa con l’innovazione degli strumenti finanziari, elemento che porta alla creazione di livelli di complessità crescenti che sono intrinsecamente fuori dalla portata delle istituzioni di regolazione.

4)  La cattiva regolamentazione e la politica economica distorta

 Nel medio termine appare come in molti stati, in particolare nei paesi occidentali, si siano verificati fenomeni di cattiva regolazione dei sistemi finanziari. In particolare, è possibile identificare una proliferazione di conflitti di interesse e pressioni per creare forme di regolazione, così come politiche economiche e monetarie di breve termine, favorevoli ad alcuni attori particolarmente dotati di capacità di influenza sul sistema politico. E’ fuorviante, come fanno in molti, parlare di “finanza cattiva”, perché gli errori ed i vantaggi si sono verificati sia da parte dei decisori pubblici che da parte degli influencers. Inoltre non bisogna far di tutta l’erba un fascio: lo sviluppo di istituzioni e mercati finanziari evoluti è la base del funzionamento delle economie avanzate, che non potrebbero sopravvivere senza. Detto questo, negli ultimi anni la regolamentazione è stata fallimentare, portando ad una proliferazione di pratiche scorrette nel settore. Il problema futuro è come produrre ad una regolazione efficace e flessibile che massimizzi il potenziale positivo delle istituzioni finanziarie sulla dinamica economica complessiva.

5) La crisi dei mutui subprime

Spesso la crisi globale è stata identificata, erroneamente, come la crisi dei mutui subprime. Si tratta di un fenomeno che ha fatto esplodere la situazione, ma la polveriera era già presente. Le contraddizioni nella finanza globale erano montanti e le conseguenze della crisi, che in questi mesi sta toccando il debito sovrano degli stati Europei, trascendono la questione del mercato dei mutui negli Stati Uniti. Il problema dei subprime è stato quindi un casus belli. Una vicenda fondamentale, che mostrato allo stesso tempo le patologie ed i conflitti di interesse nelle istituzioni finanziarie fossero pervasivi e, allo stesso tempo, come una parte del nostro sistema politico e legislativo fosse inadatto a gestire la situazione. Il tutto è stato aggravato dalla velocità di contagio inter-settoriale ed internazionale.

Conclusioni

Questa sintesi non pretende di essere esauriente, l’obiettivo è quello di tracciare solo le forze che in senso relativo hanno avuto l’impatto maggiore nella nascita e nell’evoluzione della crisi economica globale. Ci sono stati certamente altri elementi importanti, dal ciclo economico di breve termine all’irrazionalità umana in senso generale. Altri fattori, come il ruolo delle agenzie di rating o la politica monetaria della FED, assumono per alcuni una centralità rilevante. Tuttavia, nessuno dei singoli elementi, specialmente quelli contingenti e di breve periodo, può spiegare come la crisi economica internazionale abbia fatto esplodere le contraddizioni interne al sistema. Quello a cui stiamo assistendo non è la fine del capitalismo, ma non è nemmeno il risultato delle azioni di singoli individui avidi e corrotti. E’ possibile comprendere la situazione solo presentando attenzione alle interdipendenze tra i fattori di lungo periodo, le forze che stanno plasmando la discontinuità storica nella quale siamo immersi in questi anni.