domenica 16 maggio 2010

L'Italia vista da fuori: conversazione con Giancarlo Bruno


Intervista a Giancarlo Bruno per il sito www.lospaziodellapolitica.com


Giancarlo Bruno è il direttore del settore istituzioni finanziarie del World Economic Forum a New York. Ha lavorato in banche internazionali a Ginevra, Londra, Lussemburgo, e alle Nazioni Unite a Vienna, è’ stato Senior Fellow presso la Harvard Kennedy School ed e’ candidato al Global Master of Arts in Global Affairs della Fletcher School of Law and Diplomacy. 
LSDP) La tua esperienza professionale è partita in Italia per poi dispiegarsi in varie tappe all’estero. Cosa hai imparato da questo percorso?
GB) Ho studiato alla Bocconi, nei primi anni della mia carriera ho espletato il servizio militare e poi ho vinto una borsa di studio per un master in economia internazionale a Vienna. Ho fatto qualche esperienza breve in Commissione Europea e all’UNIDO. La mia prima attività lavorativa prolungata si è svolta nell’ufficio italiano di una importante banca straniera: è stata, in sintesi, una brutta esperienza.  Si sperimentava uno stile di leadership verticale, criteri di valutazione poco trasparenti, regole rigide sugli orari di ufficio, poca attenzione alla crescita risorse umane. Questo causava in me e nei miei colleghi una forte demotivazione ed una perdita di fiducia nelle proprie capacità. Ho quindi iniziato a cercare ininterrottamente altre opportunità, persino per posizioni improbabili nella compagnia aerea Emirates. In seguito, sono riuscito a trovare un nuovo lavoro a Lussemburgo, in una banca francese. Era una nuova esperienza dove dovevo imparare tutto, prima ero in una banca commerciale, ora invece mi dovevo occupare di financial engineering. Ho affrontato questa attività con grande determinazione, anche se avevo sottovalutato l’aspetto personale ed il potenziale isolamento linguistico-culturale. Ho capito, a posteriori, quanto era stato forte il processo di “juniorizzazione” in Italia, di tendenza ad assumere una posizione difensiva nei confronti del management. E’ un atteggiamento di diffidenza-chiusura che inizialmente ha limitato mia evoluzione personale e professionale. Dopo la prima fase in Lussemburgo, ho cercato altre esperienze all’interno della stessa organizzazione, chiedendo un trasferimento nella sede di Ginevra. Qui mi sono occupato di private banking tradizionale ed ho trovato un clima dove le differenze culturali erano meno marcate. Da tutte queste vicende ho capito che le risorse interiori, le capacità caratteriali, sono fondamentali per la carriera, specialmente se internazionale: non bastano le conoscenze tecniche e accademiche. Molti non raggiungono i propri obiettivi non per una mancanza di capacità tecniche ma per motivi di sviluppo personale e di autoconsapevolezza.
LSDP)  Cosa ti sta dando l’attività professionale legata al World Economic Forum ?
GB) Per i motivi che ho appena detto ho deciso di lasciare la banca ed ho inoltrato l’application per il World Economic Forum, dove ormai lavoro da più di sette anni. I primi tre anni li ho passati a Ginevra, poi mi sono trasferito nella sede di New York. Ora sono contento e non cerco altro. Ho fatto anche alcune esperienze parallele, in particolare un master in diplomazia ed una fellowship presso la Kennedy School of Government di Harvard. Nel WEF ho conosciuto molte persone, sono stato esposto a questioni interessanti, ma sono elementi secondari. La cosa più importante che ho imparato qui è accaduta circa tre anni e mezzo fa. Dovevo essere promosso direttore associato, ma alla fine lo scatto di carriera non si è più concretizzato: non ero stato promosso perché avevo “paura” dei miei colleghi. Non riuscivo a capire, avevo prodotto risultati concreti, c’erano i numeri. Questo evento ha generato l’inizio di un percorso di avvicinamento a me stesso che avevo rimandato per vari anni. Ho quindi effettuato una serie di incontri con i colleghi per capire i miei limiti. Secondo me non si può essere un leader se non si affrontano di petto questo tipo di domande.
Bisogna capire che le persone che perseguono una carriera internazionale vivono uno sradicamento personale, culturale e familiare a cui non sempre sono preparati. Quando si è giovani si può avere il giusto spirito di iniziativa e di scoperta: sono esperienze che vanno fatte, ma non bisogna farsi illusioni in termini di difficoltà e di stress potenziale. Se si parla di carriera internazionale, di esperienze di lungo termine, ci sono elementi da tenere in considerazione.
Quello che ho imparato è stato bilanciare le richieste che ho avuto su di me come persona, come professionista, come individuo e passare ad una marcia superiore in termini di assunzione di responsabilità.
Ora posso finalmente dedicarmi a cose che mi interessano perché mi interessano, non solo perché stanno bene sul curriculum.
LSDP) In quanto direttore del settore istituzioni finanziarie del World Economic Forum hai un punto di vista privilegiato sull’evoluzione della finanza globale. Quale direzione sta prendendo il sistema ? Che ruolo sta assumendo l’azione dei governi ?
C’e l’evoluzione di un modello di finanza che va da una fase di grande deregolamentazione e marcata liberalizzazione ad una fase più regolamentata. C’è sempre più attenzione alle implicazioni esterne delle cose che si fanno in finanza. Il paradosso è che viviamo una forte necessità di ridurre l’indebitamento, ma dall’altro lato c’è il bisogno di continuare a fornire credito. Quale è quindi la nuova definizione di creditworthy ?  La riduzione della disoccupazione viene innanzitutto dallo sviluppo di aziende di dimensione medio-piccola, ma queste sono poi le prime a soffrire dalla riduzione delle linee creditizie. Le istituzioni finanziarie, che ora hanno un bassissimo livello di reputazione, non potranno sottrarsi a queste domande poste dell’opinione pubblica. Ci sarà probabilmente una rivisitazione dei business model del wholesale banking. Da un punto di vista del sistema internazionale, le banche dei paesi sviluppati sono quelle rese più fragili dalla crisi, perché le economie reali che le sostengono stanno perdendo colpi. Quando si parla di “big picture”, una banca di un paese che ha un’economia a bassa crescita non può essere sana nel lungo termine. Ora in America Latina, in Cina, persino in Africa c’è una vitalità notevole. Ad esempio il Brasile, negli ultimi anni ha guadagnato molte posizioni, ha sperimentato degli importanti processi di liberalizzazione  ed il sistema finanziario cresce di pari passo.
LSDP) Negli studi prodotti dal WEF si nota spesso un livello significativo di innovazione metodologica, penso all’ultimo documento “Rethink Risk Management in Financial Services”. Come siete arrivati a tutto ciò ?
GB) Il forum opera verso una nicchia ben precisa. Non lavoriamo come un’istituzione tradizionale di consulenza o di lobbying. Siamo una struttura globale, neutrale e multi-stakeholder: una piattaforma per i leader dell’economia e della politica, che opera con il sostegno dell’accademia, con l’obiettivo di risolvere le principali “global issues”, mettendo assieme con modalità innovative le migliori menti ed i decision makers più importanti.
Tutti i progetti che sviluppiamo si basano sul contributo simultaneo del settore pubblico, del settore privato e dell’accademia. Nel nostro ultimo studio partivamo dalla constatazione che, negli ultimi anni, la gestione del rischio delle banche ha chiaramente fallito. Abbiamo voluto leggere questa cosa come una grande occasione di apprendimento. Di conseguenza, si è rivelato utile confrontarsi con esperti da altre discipline: dalla pesca, al controllo incendi, fino alla gestione delle linee aeree. Abbiamo cercato un confronto con professionisti della gestione di sistemi complessi dove rischio di default non è accettabile. Il rapporto è stato realizzato sulla base di ricerche che arrivano da parte di tutti gli stakeholder, questo avviene perché la credibilità del documento deve essere molto solida.
LSDP) Torniamo all’Italia: quali sono le sue forze e le sue debolezze ?
GB) L’Italia è un paese con molte risorse. Il capitale umano è di valore, anche se si sta impoverendo. Il problema della nazione è la mancanza di propensione al rischio, che è sempre considerato in senso negativo. Si cercano spazi di sicurezza i più ampli possibili. Non è che i giovani italiani abbiano meno capacità, è che le opportunità sono molto poche: se si calcola il ROI dello studio, questo spesso è basso. Non vale la pena.
In Francia, ad esempio, hanno tentato di flessibilizzare la licenziabilità per le persone sotto i 27 anni. Questo ha causato un sommovimento e la proposta è stata ritirata. Nel contesto sociale attuale, i giovani hanno così poche sicurezze che non sono disposti a perdere una delle poche rimaste, anche se questa misura porta a rendere più rigido il mercato del lavoro.
In Italia ci sono interessi consolidati, fortemente interconnessi, che è difficile scardinare anche da parte delle persone più motivate. Che cosa fare per consentire al paese di rinnovarsi ? Allungare l’età pensionabile, flessibilizzare il mercato del lavoro, abolire gli ordini professionali. Tutti sanno cosa fare, ma nessuno ha il potere o la voglia di farlo. Forse Berlusconi potrebbe, ma non ha intenzione. Le conseguenze sono di lungo termine, ma nel breve non sembra possibile. Al momento, non vendo indicazione di possibilità di cambiamento. Tra l’altro, ho visto la lettera di Celli, che non conosco, ma credo che questo tipo di comunicazione sia negativa e poco utile per il miglioramento della situazione. Il paese ha grandi risorse, ma forse bisognerà affrontare il peggio per iniziare migliorare. Forse solo con un rischio di default stile Grecia ci saranno delle iniziative di riforma.  Non vedo altri fattori aggreganti. L’ultima stagione di riforma efficace è stata legata all’ingresso nell’Euro ed è stata portata avanti da persone molto capaci come Ciampi e Prodi: in essa si era verificato un allineamento di interessi per uno scopo importantissimo e vitale. Ora non c’è un obiettivo di questo genere o una minaccia così forte come il rischio di default.
LSDP) Torneresti in Italia ? Se si, per quale motivo ?
GB) Nel passato ho avuto qualche flirt con il PD. Ho capito che alcune cose o le si fanno sul serio, stando sul territorio, altrimenti è molto difficile avere un impatto concreto. Io tornerei in Italia, nonostante il lungo tempo passato all’estero, ma lo farei solo se ci fosse la possibilità di cambiare davvero le cose. Ora non mi sembra che ci siano le condizioni. Tornerei perché sento la responsabilità di dare un contributo, ma ora non capisco come. E’ fondamentale che qualcuno lo faccia, ma è difficile capire il contesto. Forse questa cosa andrebbe fatta collettivamente, pensiamo a progetti come Controesodo.
LSDP) Hai un consiglio finale per i nostri lettori, in particolare per quelli più giovani ?
GB) Nella vita bisogna “chiedere”. Culturalmente, nel nostro contesto, non “sta bene” sollecitare o chiedere consiglio. Bisogna spingere se stessi ad essere molto pro-attivi. Spesso c’è atteggiamento lassista o l’ambigua richiesta dell’aiutino. Bisogna, invece, chiedere in maniera intelligente.  Non avere vergogna e cominciare a parlare chiaramente delle proprie idee e dei propri obiettivi.
(A cura di Raffaele Mauro)

lunedì 10 maggio 2010

13 Maggio - Wikimedia Italia e Google @ Collegio di Milano.


giovedì 13 maggio 2010 - dalle 21:00

Open web - una sera al Collegio di Milano

Collegio di Milano - via San Vigilio, 10


Wikipedia, la libertà e la rete, Wikimedia Italia e Google incontrano i ragazzi del Collegio di Milano.

Siamo liberi quando navighiamo? Wikipedia è senza regole? Cosa è cambiato nel nostro rapporto dalla nascita del web 2.0 ad oggi? Siamo diventati più responsabili di quanto facciamo in rete? Chi è responsabile di quello che c'è scritto in una pagina di Wikipedia? Qual è il rapporto di Google con la libertà degli utenti? Quanto contano i motori di ricerca nella libera circolazione dell'informazione sul web? 

Una serata al Collegio di Milano per confrontarsi su questi temi con:
  • Frieda Brioschi e Giacomo Cossa, Wikimedia Italia
  • Marco Pancini, Google Italia
modera Raffaele Mauro, Collegio di Milano.

L'incontro è organizzato nell'ambito di "Network Power", un corso del Collegio di Milano sugli effetti economici e sociali di Internet

Il Collegio di Milano è un collegio d'eccellenza per gli studenti iscritti ad una delle sette Università di Milano. Gli studenti, selezionati attraverso una serie di colloqui di selezione, possono usufruire delle attività del programma culturale del Collegio.

mercoledì 5 maggio 2010

Giovedì 6 Maggio: Selene Biffi e Alessandro Santo al Collegio di Milano, ore 21:15

Giovedì 6 Maggio, il mio corso sul futuro di internet avrà come ospiti due persone speciali:
- Selene Biffi, ideatrice di Youth Action for Change.
http://www.youthactionforchange.org/
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/yac-selene-biffi/yac-selene-biffi/yac-selene-biffi.html
- Alessandro Santo, associate in dPixel, importante fondo italiano di early stage venture capital.
http://www.dpixel.it/
http://www.workingcapital.telecomitalia.it/tag/alessandro-santo/

Sarà possibile seguire gli sviluppi su: www.twitter.com/cdmwave
Ospiti esterni potranno accedere alla lezione,
raggiungeteci pure al Collegio di Milano, Via San Vigilio 10.
Il posto è vicino alla fermata metro Famagosta.
Vi aspettiamo !

lunedì 3 maggio 2010

Butterfly Web: il 28 Maggio a Milano, vi aspettiamo !


Un giornata per ascoltare le persone che vivono la rete. Gente che lavora, che usa le rete, che innova.
Butterfly Web
Vogliamo ascoltare persone diverse, storie reali.
Vogliamo imparare e scambiare informazioni.
Vogliamo provare a lanciare tre proposte concrete, indicando le tappe per la loro realizzazione.
La rivoluzione parte dal basso. Facciamola partire!