mercoledì 26 ottobre 2011

Verso gli stati "startup" ?


Da molti secoli si discute del concetto di “stato” e della sua forma ottimale: la sua presenza o assenza, la sua configurazione, il suo peso specifico. Si tratta di una discussione interdisciplinare che ha coinvolto la filosofia politica, l’economia, la scienza politica, l’antropologia sociale e molte altre discipline. Oggi possiamo notare una novità importante: la presenza crescente di strumenti che consentono la costruzione e la sperimentazione di comunità dotate di regole di funzionamento diverse, anche in senso radicale, da quelle dei sistemi sociali attualmente presenti nel mondo. Allo stesso tempo, possiamo osservare la proliferazione di zone economiche speciali e di città-stato con modelli operativi capaci di adattarsi rapidamente alla dinamica dell’economia mondiale e dei flussi internazionali del capitale umano e finanziario. Non è possibile prevedere dove porterà questo processo, ma è verosimile ipotizzare che la convergenza tra la modificazione morfologica della finanza globale le innovazioni tecnologiche porterà ad un notevole impatto socio-politico.
Da un punto di vista prospettico, un esempio interessante di piattaforma aperta per la costruzione di comunità indipendenti è quello del Seasteading Institute. Si tratta di un progetto promosso da Patri Friedman, nipote del famoso economista, e finanziato da  Peter Thiel, fondatore di PayPal e tra i primi investitori in Facebook. Da un punto di vista materiale il Seasteading ha l’obiettivo di costruire società politicamente indipendenti in acque internazionali tramite l’uso di piattaforme oceaniche. L’idea è quella di fornire uno strumento abilitante per la proliferazione di centinaia di “esperimenti sociali”, in cooperazione e competizione tra loro, basati su forme di regolamentazione economico-politica indipendenti, con l’obiettivo di costruire un ecosistema di parti interagenti e differenziate tra loro. Personalmente ho avuto modo di assistere alla presentazione del progetto nel corso del Graduate Studies Program della Singularity University del 2011: anche in un contesto mentalmente aperto e focalizzato sulle innovazioni sociali e tecnologiche le critiche non sono mancate. Si tratta infatti di un’iniziativa incredibilmente ambiziosa che, come si può ben capire, rischia di scontrarsi davanti a rischi enormi: dal problema della sovranità, vista la difficoltà di costruire sistemi politici indipendenti fuori dall’ombrello di giurisdizione degli stati nazionali attualmente esistenti, fino alla presenza dei tradizionali problemi legati alla gestione della convivenza sociale.
Oggi c’è chi cerca di concretizzare la sperimentazione di società indipendenti tramite la ricerca di business model sostenibili. Un esempio interessante è quello del progetto Blueseed, un’iniziativa che intende bypassare le leggi sull’immigrazione negli Stati Uniti, creando un incubatore di imprese in acque internazionali nei pressi della Silicon Valley. Nonostante gli evidenti limiti, alla sostenibilità dei costi e alle inefficienze operative di aziende sganciate dal contesto urbano, si tratta di un’idea interessante che amplifica la riflessione sul ruolo del capitale umano nelle economie avanzate.
Nella stessa falsariga possiamo trovare iniziative come quella del “Global Village Construction Set” del gruppo Open Source Ecology, un’iniziativa volta alla definizione di 50 macchine strumentali di base, finalizzate alla costruzione di buona parte delle tecnologie necessarie per il funzionamento minimo di una società economicamente sviluppata, in ottica open source e con l’obiettivo di mettere la conoscenza tecnica a disposizione di comunità indipendenti. Iniziative simili si stanno ora sviluppando anche sul versante delle monete complementari e dei circuiti economici alternativi, che con il passare del tempo, anche grazie all’ausilio delle tecnologie digitali, si fanno sempre più complessi. Anche sul versante politico si stanno moltiplicando le iniziative volte ad approfondire la partecipazione diretta dei cittadini, si pensi a Ruck.us, o la trasparenza dei sistemi sociali, come nel caso di Ushahidi.
Il trend generale è la costruzione di piattaforme abilitanti, basate sui principi dell’apertura e della trasparenza, che abbattano in misura sempre maggiore i costi per la creazione e la gestione di sistemi sociali, politici e tecnologici. Quello che è interessante non è il fine utopico, la costruzione di società perfettamente indipendenti dalle condizioni geopolitiche del mondo moderno è sostanzialmente impossibile, ma l’apertura di nuove prospettive e la possibilità di sperimentazione: le innovazioni tecnologiche stanno costruendo gli strumenti per cambiare la dinamica politica nei suoi fondamenti, probabilmente oltre molto oltre le nostre aspettative.
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)