domenica 26 febbraio 2012

40 under 40: Ripensare l'Europa nella crisi


Nel mese di dicembre una parte del gruppo Lo Spazio della Politica ha avuto modo di partecipare al primo incontro del programma “40 under 40: Young European Leaders”, un programma pensato da alcuni think tank, EuropaNova, Friends of Europe, e supportato dal Ministero degli Esteri Francese, dalla Commissione Europea e da altri sponsor.
L’iniziativa ha riunito un gruppo di professionisti tra i 30 ed i 40 anni provenienti dalle diverse nazioni dell’Unione e dai differenti ambiti professionali: parlamentari europei e nazionali, imprenditori, professori universitari, scrittori, etc. Un gruppo eterogeneo ed interessante, che includeva personaggi brillanti come il simpatico matematico Cédric Villani, vincitori della medaglia Fileds (l’equivalente del Nobel per la matematica). Qualcuno non ha avito modo di partecipare, in alcuni casi per motivi più che validi: due delle donne selezionate nel frattempo sono state nominate ministro nei rispettivi governi, Johanna Mucha in Polonia e Ida Auken in Danimarca. Tra gli altri italiani selezionati, oltre al sottoscritto, c’erano Elena Fenili, dirigente dell’area studi politici in Unicredit, Riccardo Maraga, sindaco di Amelia, e Matteo Renzi (che non si è presentato).
Nel corso delle conferenze, uno degli elementi più curiosi è stato l’ottimismo di molti sulle sorti dell’Europa. Come è noto, l’economia dell’Unione nel 2012 rischia di attraversa una crisi di natura macroscopica, anche gli scenari più cupi – default a catena degli stati più indebitati, uscita dall’Euro – sono presi in considerazione da molti osservatori. Tuttora non sappiamo se le politiche economiche messe in atto sia al livello continentale e nei singoli stati nazionali saranno in grado di invertire la spirale che collega  il peggioramento della congiuntura economica con le aspettative negative. Sandro Gozi, politico con vocazione Europea già noto agli amici di LSDP, è intervenuto come ospite nel dibattito 40 under 40 lanciando la provocazione della “fine dell’Europa” o meglio della fine di “questa” Europa, sottolineando la necessità di un salto qualitativo (elezione diretta o indiretta di un primo ministro europeo, politiche fiscali comuni) per superare lo stallo attuale. La platea ha accolto la provocazione ed ha reagito dimostrando una fiducia inaspettata sulla visione e sull’importanza dell’Europa per il lungo termine, una configurazione di aspettative molto rilevante, dato che buona parte dei partecipanti era assolutamente consapevole della gravità della contingenza attuale.
Per il sottoscritto, che segue in modo indiretto le tematiche europee, la partecipazione al seminario è stata significativa. Uscire dalla “bolla” del dibattito italiano è sempre utile, come toccare con mano il fatto che buona parte dei fenomeni che viviamo attualmente nel nostro paese (crisi della politica, nuove forme di populismo, errori di policy, etc.) si stanno verificando, anche se in forme diverse, negli altri stati. Pur essendo consapevoli dei limiti strutturali del progetto europeo (relativi alla gestione della sovranità, della politica estera, della politica economica) è importante che la dimensione continentale del dibattito venga sempre tenuta a mente. E’ vero, esistono già gilde di “Euro-Nerd” – in parte lo siamo anche noi di LSDP – che seguono con dovizia l’evoluzione delle vicende dell’Unione. Tuttavia, nel prossimo anno far capire appieno la profondità delle interdipendenze tra gli stati Europei, sia in termini di cooperazione che di conflitto, sarà un “lavoro politico” importante. Elaborare in modo intelligente e chiaro i grandi temi europei, come fa ad esempio Matteo Minchio, o organizzare eventi di portata internazionale, come Butterfly Europe, sarà fondamentale.  Il prossimo incontro dei 40under40, che si terrà a Bruxelles nel 2012, sarà solo uno dei nuovi passi di LSDP in questa direzione.

martedì 14 febbraio 2012

I cinque livelli della crisi


Stiamo affrontando un periodo storico molto interessante e molto pericoloso. La crisi, iniziata ormai cinque anni fa – nel 2007 – è ancora in corso e potrebbe portare mutamenti nella struttura dell’economia mondiale, nelle nostre vite individuali e, forse, negli strumenti cognitivi con cui verrà letta la realtà economica nei prossimi anni. Se si cercano spiegazioni sulla crisi globale si trovano opinioni contrastanti, che leggono il fenomeno da prospettive teoriche, temporali e geografiche limitate. La realtà delle cose, come successe per la crisi del 1929 e la successiva “Grande Depressione”, è che le forze in gioco sono molte, eterogenee ed interconnesse. Alcune di queste correnti storiche sono molto profonde e trascendono la capacità dei singoli di intervenire, altre invece sono legate a scelte umane e quindi evitabili. La loro convergenza ha creato la situazione attuale. Vediamo di riepilogarle, partendo dal “macro”.

1) Lo spostamento dell’asse del potere globale

E’ in corso un processo secolare che sta colmando lo squilibrio nato alcune centinaia di anni fa, che ha lanciato l’Europa e successivamente gli Stati Uniti al centro dell’egemonia economica e politica globale. Non è stato così per sempre nella storia umana e non sarà così in futuro. Sta avvenendo un processo di convergenza, per quanto riguarda l’Asia, l’America del Sud e in misura minore l’Africa, che avrà delle conseguenze inaspettate, molte delle quali superano il nostro arco di vita. E’ un processo che non è di tipo deterministico, può essere modificato e formato da scelte umane: ad esempio, quello che si aspettano tutti, la futura egemonia economia e politica della Cina, non è affatto scontata e dipende dal verificarsi simultaneo di numerose circostanze. Nonostante ciò, il riequilibrio nell’asse del potere globale  procede a ritmo sostenuto, costruendo fratture nella geofinanza, allo stesso tempo contribuendo ed alleviando ad alcuni aspetti della crisi.

2) Il ciclo del debito di lungo periodo

Come ha sottolineato magistralmente Ray Dalio, al vertice del fondo Bridgewater, stiamo assistendo ad un altro fenomeno storico di lungo periodo, anche se di ordine minore rispetto al precedente (decenni invece di secoli). Ci riferiamo al cosiddetto “deleveraging”, al riequilibrio del livello di debito contratto nelle economi sviluppate. E’ una regolarità empirica che si verifica in diversi sistemi economici, dove negli anni di crescita c’è la tendenza ad una sovra esposizione al debito, per via delle aspettative di crescita futura eccessivamente positive, e – quando il sistema raggiunge un punto di rottura – lunghi periodi di riassestamento. E’ un fattore che è molto evidente per quanto riguarda il debito privato americano ma che risalta in misura ancora maggiore per quanto riguarda il debito sovrano dei paesi occidentali, Stati Uniti ed Europa, configurandosi come un fattore centrale per la nascita e lo sviluppo della crisi del 2007-12.

3) L’interconnessione tra tecnologia e finanza

Un altro elemento causale di grande rilevanza è la crescente integrazione tra finanza e tecnologia. Si tratta di un processo intrinsecamente né positivo né negativo, che porta grandi opportunità e crea allo stesso tempo nuovi rischi. Uno di questi è l’amplificazione delle interdipendenze tra settori e sistemi economici. Un crisi come quella dei “Saving and Loans” dei primi anni ’80 ebbe un impatto forte, ma non suscitò un effetto di contagio devastante al livello internazionale come nel caso degli ultimi shock finanziari. Inoltre l’innovazione tecnologica si sposa con l’innovazione degli strumenti finanziari, elemento che porta alla creazione di livelli di complessità crescenti che sono intrinsecamente fuori dalla portata delle istituzioni di regolazione.

4)  La cattiva regolamentazione e la politica economica distorta

 Nel medio termine appare come in molti stati, in particolare nei paesi occidentali, si siano verificati fenomeni di cattiva regolazione dei sistemi finanziari. In particolare, è possibile identificare una proliferazione di conflitti di interesse e pressioni per creare forme di regolazione, così come politiche economiche e monetarie di breve termine, favorevoli ad alcuni attori particolarmente dotati di capacità di influenza sul sistema politico. E’ fuorviante, come fanno in molti, parlare di “finanza cattiva”, perché gli errori ed i vantaggi si sono verificati sia da parte dei decisori pubblici che da parte degli influencers. Inoltre non bisogna far di tutta l’erba un fascio: lo sviluppo di istituzioni e mercati finanziari evoluti è la base del funzionamento delle economie avanzate, che non potrebbero sopravvivere senza. Detto questo, negli ultimi anni la regolamentazione è stata fallimentare, portando ad una proliferazione di pratiche scorrette nel settore. Il problema futuro è come produrre ad una regolazione efficace e flessibile che massimizzi il potenziale positivo delle istituzioni finanziarie sulla dinamica economica complessiva.

5) La crisi dei mutui subprime

Spesso la crisi globale è stata identificata, erroneamente, come la crisi dei mutui subprime. Si tratta di un fenomeno che ha fatto esplodere la situazione, ma la polveriera era già presente. Le contraddizioni nella finanza globale erano montanti e le conseguenze della crisi, che in questi mesi sta toccando il debito sovrano degli stati Europei, trascendono la questione del mercato dei mutui negli Stati Uniti. Il problema dei subprime è stato quindi un casus belli. Una vicenda fondamentale, che mostrato allo stesso tempo le patologie ed i conflitti di interesse nelle istituzioni finanziarie fossero pervasivi e, allo stesso tempo, come una parte del nostro sistema politico e legislativo fosse inadatto a gestire la situazione. Il tutto è stato aggravato dalla velocità di contagio inter-settoriale ed internazionale.

Conclusioni

Questa sintesi non pretende di essere esauriente, l’obiettivo è quello di tracciare solo le forze che in senso relativo hanno avuto l’impatto maggiore nella nascita e nell’evoluzione della crisi economica globale. Ci sono stati certamente altri elementi importanti, dal ciclo economico di breve termine all’irrazionalità umana in senso generale. Altri fattori, come il ruolo delle agenzie di rating o la politica monetaria della FED, assumono per alcuni una centralità rilevante. Tuttavia, nessuno dei singoli elementi, specialmente quelli contingenti e di breve periodo, può spiegare come la crisi economica internazionale abbia fatto esplodere le contraddizioni interne al sistema. Quello a cui stiamo assistendo non è la fine del capitalismo, ma non è nemmeno il risultato delle azioni di singoli individui avidi e corrotti. E’ possibile comprendere la situazione solo presentando attenzione alle interdipendenze tra i fattori di lungo periodo, le forze che stanno plasmando la discontinuità storica nella quale siamo immersi in questi anni.