mercoledì 26 ottobre 2011

Verso gli stati "startup" ?


Da molti secoli si discute del concetto di “stato” e della sua forma ottimale: la sua presenza o assenza, la sua configurazione, il suo peso specifico. Si tratta di una discussione interdisciplinare che ha coinvolto la filosofia politica, l’economia, la scienza politica, l’antropologia sociale e molte altre discipline. Oggi possiamo notare una novità importante: la presenza crescente di strumenti che consentono la costruzione e la sperimentazione di comunità dotate di regole di funzionamento diverse, anche in senso radicale, da quelle dei sistemi sociali attualmente presenti nel mondo. Allo stesso tempo, possiamo osservare la proliferazione di zone economiche speciali e di città-stato con modelli operativi capaci di adattarsi rapidamente alla dinamica dell’economia mondiale e dei flussi internazionali del capitale umano e finanziario. Non è possibile prevedere dove porterà questo processo, ma è verosimile ipotizzare che la convergenza tra la modificazione morfologica della finanza globale le innovazioni tecnologiche porterà ad un notevole impatto socio-politico.
Da un punto di vista prospettico, un esempio interessante di piattaforma aperta per la costruzione di comunità indipendenti è quello del Seasteading Institute. Si tratta di un progetto promosso da Patri Friedman, nipote del famoso economista, e finanziato da  Peter Thiel, fondatore di PayPal e tra i primi investitori in Facebook. Da un punto di vista materiale il Seasteading ha l’obiettivo di costruire società politicamente indipendenti in acque internazionali tramite l’uso di piattaforme oceaniche. L’idea è quella di fornire uno strumento abilitante per la proliferazione di centinaia di “esperimenti sociali”, in cooperazione e competizione tra loro, basati su forme di regolamentazione economico-politica indipendenti, con l’obiettivo di costruire un ecosistema di parti interagenti e differenziate tra loro. Personalmente ho avuto modo di assistere alla presentazione del progetto nel corso del Graduate Studies Program della Singularity University del 2011: anche in un contesto mentalmente aperto e focalizzato sulle innovazioni sociali e tecnologiche le critiche non sono mancate. Si tratta infatti di un’iniziativa incredibilmente ambiziosa che, come si può ben capire, rischia di scontrarsi davanti a rischi enormi: dal problema della sovranità, vista la difficoltà di costruire sistemi politici indipendenti fuori dall’ombrello di giurisdizione degli stati nazionali attualmente esistenti, fino alla presenza dei tradizionali problemi legati alla gestione della convivenza sociale.
Oggi c’è chi cerca di concretizzare la sperimentazione di società indipendenti tramite la ricerca di business model sostenibili. Un esempio interessante è quello del progetto Blueseed, un’iniziativa che intende bypassare le leggi sull’immigrazione negli Stati Uniti, creando un incubatore di imprese in acque internazionali nei pressi della Silicon Valley. Nonostante gli evidenti limiti, alla sostenibilità dei costi e alle inefficienze operative di aziende sganciate dal contesto urbano, si tratta di un’idea interessante che amplifica la riflessione sul ruolo del capitale umano nelle economie avanzate.
Nella stessa falsariga possiamo trovare iniziative come quella del “Global Village Construction Set” del gruppo Open Source Ecology, un’iniziativa volta alla definizione di 50 macchine strumentali di base, finalizzate alla costruzione di buona parte delle tecnologie necessarie per il funzionamento minimo di una società economicamente sviluppata, in ottica open source e con l’obiettivo di mettere la conoscenza tecnica a disposizione di comunità indipendenti. Iniziative simili si stanno ora sviluppando anche sul versante delle monete complementari e dei circuiti economici alternativi, che con il passare del tempo, anche grazie all’ausilio delle tecnologie digitali, si fanno sempre più complessi. Anche sul versante politico si stanno moltiplicando le iniziative volte ad approfondire la partecipazione diretta dei cittadini, si pensi a Ruck.us, o la trasparenza dei sistemi sociali, come nel caso di Ushahidi.
Il trend generale è la costruzione di piattaforme abilitanti, basate sui principi dell’apertura e della trasparenza, che abbattano in misura sempre maggiore i costi per la creazione e la gestione di sistemi sociali, politici e tecnologici. Quello che è interessante non è il fine utopico, la costruzione di società perfettamente indipendenti dalle condizioni geopolitiche del mondo moderno è sostanzialmente impossibile, ma l’apertura di nuove prospettive e la possibilità di sperimentazione: le innovazioni tecnologiche stanno costruendo gli strumenti per cambiare la dinamica politica nei suoi fondamenti, probabilmente oltre molto oltre le nostre aspettative.
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)

giovedì 25 agosto 2011

Singularity University #6 - Il tempo stringe


Ci avviciniamo alla fine del programma, che sarà sancita dalla graduation cerimony il 26 agosto e dalla riunione degli alumni il 27-28. Nelle ultime settimane si è lavorato alacremente alla finalizzazione dei progetti: capita di vedere i partecipanti nella notte scrivere codice, registrare video, creare documenti e slides, costruire prototipi con elettronica di fortuna ed altro ancora.
Ci sono stati comunque altri interventi degni di nota, pensiamo ad Aneesh Chopra, il Chief Technology Officer dell’amministrazione Obama, con il quale si sono discusse le misure del governo americano per la tecnologia e per l’imprenditorialità. O gli interventi interessanti su tecnologia e geopolitica di Ayesha Khanna, già global thinker di LSDP nel 2009 assieme al marito Parag, che oggi porta avanti l’analisi dell’impatto sociale della convergenza tecnologica con il suo “Hybrid Reality Institute”. Non sono mancate le lezioni tipiche della SU con Steward Brand, uno dei fondatori del movimento ecologista, che oggi sostiene un approccio “tech-friendly” all’ambientalismo, o con Clay Shirky, l’autore del bestseller “Surplus cognitivo”.
Da un punto di vista personale ho sfruttato gli ultimi giorni anche per “uscire dalla bolla” del campus NASA, visitando le zone circostanti: Stanford, Menlo Park, San Francisco, Berkeley, etc. tutti posti nei quali oggi è possibile riconoscere, dai turisti agli studenti di dottorato, voci italiane.  Non che tutto sia stato bellissimo: ad esempio San Francisco, come altre città negli US, ha un centro città che in alcune zone sorprende per la concentrazione di senzatetto e per il degrado. Più in generale, se ne è parlato molto con alcuni studenti, ci siamo trovati un contesto piuttosto anomalo, dove le startup costruiscono costantemente posti di lavoro, dove per alcune figure – ad esempio gli sviluppatori di software – c’è una dinamica salariale crescente, mentre il resto dell’economia americana sta vivendo grandi problemi e non ha identificato una chiara via per ripristinare stabilmente lo sviluppo.
Con molti si è discusso anche di quello che accade in Italia e dei problemi che sta affrontando il nostro sistema economico: gli stranieri sono curiosamente interessati, qualcuno perché ha un investimento in zona, qualcuno perché semplicemente ci è stato in vacanza o ha letto negli ultimi anni gli articoli di colore sulle gesta del premier.  Mi colpisce il fatto che l’Italia sia ancora nel radar, percepita comunque come rilevante al di là del folklore sulle qualità del cibo, dell’arte e della moda. Il problema è che tra poco, senza una presa di coscienza collettiva, ci rimarrà solo la possibilità di erodere fette in costante riduzione della ricchezza prodotta nel passato. Serve una nuova ondata di“creazione”, la costruzione di prospettive economiche, politiche, culturali. Ma questo è un altro discorso e, sono sicuro, Lo Spazio della Politica sarà parte di questa storia.
(articolo originale da Lo Spazio della Politica)

lunedì 15 agosto 2011

Intervista su Linkiesta :)

(articolo originale di Silvia Cerami, 14 Agosto 2011)
Premi Nobel, astronauti, ex militari, genetisti, finanziatori, studenti di talento. Insieme per lanciare idee pionieristiche e trovare soluzioni innovative. Insieme per affrontare le grandi sfide dell’umanità. Dalla nanotecnologia alla finanza sociale, dalla biologia al framework legale. E’ questo l’intento del Graduate Studies Program della Singularity University, l’università nata nel 2009 presso il Nasa Ames research campus a Mountain View. Qui, “cervelli” provenienti da tutto il mondo, per dieci settimane si connettono con l’intento di non aspettare il cambiamento, ma realizzarlo. Perché “il modo migliore per prevedere il futuro è inventarlo”.
Trent’anni, dottorato di ricerca in Bocconi, esperto di venture capital, Raffaele Mauro è entrato alla Graduate Studies Program della Singularity University, l’università della Nasa a Mountain View dove i cervelli provenienti da tutto il mondo, per dieci settimane si connettono con l’intento di non aspettare il cambiamento, ma realizzarlo. Le domande sono state 2.200 provenienti da 35 Paesi, i posti erano 80. 
Tra i prescelti, 80 posti per 2.200 domande provenienti da 35 Paesi, anche Raffaele Mauro. Trent’anni, dottorato di ricerca in Bocconi, esperto di venture capital. Per lui “le imprese innovative nascono quando capitali intelligenti si incrociano con persone di talento desiderose di correre dei rischi”.
Raffaele, in che cosa consiste il Graduate Studies Program della Singularity University?
L’obiettivo del programma è di creare organizzazioni e aziende in grado di avere un impatto rilevante su alcuni dei maggiori problemi globali: istruzione, sicurezza, energia, salute. Questo proposito viene realizzato assemblando persone con esperienze in vari campi, esponendole reciprocamente allo stato di avanzamento delle rispettive discipline ed organizzando dei team internazionali con il mandato di risolvere le sfide tramite le nuove tecnologie.
Quali sono le differenze che hai notato rispetto ai corsi in Italia?
Ritengo che l’innovazione nel settore educativo sia un tema fondamentale, all’estero e in misura maggiore in Italia. Questo programma ha molte caratteristiche che reputo estremamente rilevanti: è radicalmente globale, fa leva sulle nuove tecnologie, è multidisciplinare, applica principi meritocratici ed ha un focus sia teorico che operativo. La sensazione è quella di essere al centro di un network dove diversi progetti si fecondano reciprocamente, dove si moltiplicano le occasioni di serendipità e dove la mente corre più rapidamente. Detto questo: il programma è estremamente impegnativo e non si dorme mai!
Mi racconti la lecture che più ti ha incuriosito?
La scelta è difficile, gli stimoli sono stati molti. Da un punto di vista umano, sono rimasto molto colpito dalla presentazione di Dan Barry riguardante la sua storia personale. E’ un individuo di grande capacità – astronauta, medico, esperto di robotica – che allo stesso tempo ha un livello sorprendente di umiltà e disponibilità. Nella sua lecture ci ha raccontato del suo primo tentativo di realizzare il suo sogno di diventare astronauta: a 23 anni ha inviato la sua application alla NASA, fallendo. Ci ha riprovato a 24 anni, fallendo. Così via a 25, 26, 27 … tentando ogni anno, per 14 anni di fila. Alla fine ce l’ha fatta a 37 anni, quando la maggior parte delle persone nel frattempo avrebbe abbandonato. Dan ora passa giorno e notte con gli studenti nell’Innovation lab, una sorta di laboratorio-officina che abbiamo nella struttura, lo si vede spesso mentre monta pezzi seduto per terra o testa un nuovo robot low cost per la telepresenza.
Qual è la cosa più importante che ti porterai dall'esperienza della SU?
Certamente l’elemento umano: studenti, alumni, docenti, staff, sono quello che mi ha colpito maggiormente. Anche in alcune aziende che abbiamo visitato, ad esempio Halcyon Molecular, una società che si occupa di abbattere il costo del sequencing genico, ho percepito un’energia incredibile. Ci sono posti in cui si percepisce la potenza generata da un gruppo di persone che riesce a darsi una grande prospettiva di lungo termine combinata a degli obiettivi concreti nel breve periodo. Allo stesso tempo, penso che per me, in termini di forma mentis, la discontinuità più importante sia stata realizzare che darsi obiettivi molto ambiziosi è premiante nel lungo termine. Ampliare la portata della propria visione è molto importante.
Tu in Italia ti occupi di venture capital. Quali sono i motivi per cui nel nostro Paese, nascono meno start up che negli Usa?
Le cause sono molteplici. Si può notare che gli ostacoli si trovano sia a monte, nella struttura dei sistemi formativi e negli atteggiamenti culturali avversi al rischio, sia a valle, nell’impalcatura del sistema finanziario e nei fattori della competitività del sistema economico nazionale. Le imprese innovative nascono quando capitali intelligenti si incrociano con persone di talento desiderose di correre dei rischi. Per fare questo è necessario quello che viene chiamato in gergo “ecosistema”, una rete di sinergie positive tra università, sistema finanziario e network professionali.
Che differenze ci sono nell'angel investing tra i due paesi?
Ci sono alcune differenze: alcune di esse sono qualitative, possiamo anche notare come negli ecosistemi più sviluppati, come nel caso degli Stati Uniti, ci sia una “potenza di fuoco” molto maggiore. E’ più facile fare rete, è presente un numero significativo di imprenditori che hanno realizzato start up innovative che reinvestono i loro capitali nelle generazioni successive. In questa fase c’è anche chi parla di una nuova bolla, dato che recentemente molte imprese nel settore ICT hanno avuto delle valutazioni superiori alla norma, ma si tratta di un fenomeno localizzato che per il momento non comprende tutto il ciclo di investimento. In Italia abbiamo alcuni investitori, venture capital cosiddetti “early stage” ed angel investor, che stanno lanciando alcune imprese piuttosto interessanti. Il contesto sta migliorando, anche se la contingenza economica ed i limiti strutturali del paese pongono sfide notevoli.
Secondo te cosa bisognerebbe fare in Italia per incrementare la presenza dei venture capital?
Non c’è una formula magica, i colli di bottiglia sono molti: dall’università al sistema finanziario, dalla burocrazia all’abilità del sistema economico di assorbire le exit. Tuttavia, alcune misure potrebbero avere un impatto moltiplicativo, essendo allo stesso tempo relativamente rapide e a basso costo. Se parliamo di programmi governativi, è importante sapere che buona parte dei tentativi di replicare la Silicon Valley sono falliti. Quelli di maggiore successo sono stati accomunati da una grande apertura, un focus globale invece che regionale, e da un’attenzione verso la qualità delle persone coinvolte, imprenditori e gestori, piuttosto che sulle strutture fisiche. Ci sono alcune esperienze interessanti realizzate all’estero, penso ad esempio al fondo Yozma in Israele, un fondo di fondi che ha catalizzato l’investimento privato in fondi di venture capital, o al programma Startup Chile, un’iniziativa che sta attraendo nel paese persone di talento su scala internazionhttp://www.linkiesta.it/e-entrato-all-universita-della-nasa-ora-vuole-cambiare-l-italiaale. Sia i casi di successo che di insuccesso dovrebbero essere analizzati con cura per capire cosa fare nel nostro paese. Penso che, nonostante le difficoltà, in Italia abbiamo tutte le chances per migliorare.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/e-entrato-all-universita-della-nasa-ora-vuole-cambiare-l-italia#ixzz1V9w0Nxrp

martedì 2 agosto 2011

Dalle officine-laboratorio alla pizzeria di Zuckerberg


Le ultime due settimane sono state sempre più intense: oltre ai lavori di gruppo ci sono state diverse visite aziendali: da Tesla Motors, a CISCO, al backstage della NASA, dove abbiamo potuto vedere Pleiades (il sesto supercomputer più veloce al mondo). Sono stato personalmente colpito da due strutture: Willow Garage e Halcyon Molecular. La prima costruisce robot per utilizzo generalista ed ha sviluppato il ROS, un sistema operativo open source per la robotica. La seconda sta cercando di abbattere il costo di sequencing del genoma umano, portandolo vicino allo zero. Entrambe appaiono come officine-laboratorio, dove persone di 25-30 anni si aggirano in mezzo a un po’ di casino, tra pezzi di ricambio o attrezzature per la biochimica. In questi due posti ho percepito una sensazione molto particolare, una forte energia nelle persone – che chiaramente lavoravano con piacere -, il fatto che in entrambi i contesti ci si trovava  effettivamente dentro la costruzione del futuro, dove un gruppo di persone stava generando, non solo come ricerca ma come applicazione effettiva, il tipo di tecnologie che troveremo attorno a noi tra pochi anni.
Ovviamente sono continuate le presentazioni, tra cui anche personaggi molto particolari come David Pritchard, uno dei produttori dei Simpson e dei Griffin. C’è stata anche l’occasione di fare noi stessi una presentazione: ogni studente, per un momento di verifica a metà percorso, ha dovuto preparare un talk sul modello TED, raccontando come il suo dominio di competenza è modificato dall’avanzamento tecnologico. Inizialmente avevo preparato una presentazione sulla finanza, che ho scartato il giorno prima …. per prepararne una su Lo Spazio della Politica. O meglio, una sul concetto più generale di “startup politiche”, teorizzando il fatto che le tecnologie digitali stanno creando dei fattori abilitanti per l’impatto sui processi di decisione collettiva. Piccole organizzazioni, essendo veloci e intelligenti, con modelli relativamente a basso costo, possono acquisire quote di network power in modo relativamente rapido. E’ un concetto di cui scriverò meglio in futuro.
Infine, è molto interessante stringere contatti con i connazionali che si trovano in zona. Oltre alla generazione di italiani che si trovano qui per lavorare nelle aziende tecnologiche e nelle istituzioni accademiche, ci sono personaggi curiosi provenienti da precedenti ondate. Ad esempio, passeggiando per Half Moon Bay con un amico, sono stato fermato da un signore di 60-65 anni, che ha riconosciuto il nostro conversare in lingua italiana. Abbronzato, basso e tarchiato, con un accento siciliano ed una gestualità tipicamente nostrana ci ha raccontato con passione la sua vita: prima come immigrato interno dal sud al nord Italia, poi verso gli Stati Uniti negli anni ’60,  con le varie esperienze prima nel settore edile e poi nella ristorazione. Ora sembra che il personaggio sia proprietario di alcuni ristoranti di discreto successo nella zona di Palo Alto. Ci ha raccontato quindi alcune storie, con grande probabilità inventate, ad esempio sostenendo che i fondatori di Google nei primi anni andavano nel suo ristorante. Si è lamentato del fatto che all’epoca non avevano una lira e che non gli davano le mance, ma che allo stesso tempo, sono stati buoni e qualche anno dopo gli hanno consigliato di comprare le azioni della società. Poi affermazioni analoghe su Zuckerberg, spacciato come cliente abituale. Nessuno ci ha creduto, ma una cosa è certa: una cena nel suo ristorante ormai è assicurata.

giovedì 14 luglio 2011

5 tesi sulla bolla nell'angel investing


1. La bolla c’è: è chiaro, da diversi mesi, che si sta sviluppando una bolla nelle valutazione degli investimenti early stage, con particolare riferimento al settore internet&mobile negli Stati Uniti. Le startup oggi possono raggiungere valutazioni iniziali pari ad un vero e proprio multiplo di quello che era possibile solo 12 o 24 mesi fa. Ciò che prima era valutato 10, a parità di stadio di sviluppo, ora vale 30, 40 o più. Le decisioni di investimento di bassa qualità, specialmente nell’angel investing, rischiano di moltiplicarsi e prima o poi la catena – nei successivi cicli di finanziamento o nelle exit – si potrà spezzare. I segnali sono evidenti sia sul lato finanziario che su quello comunicativo. Allo stesso tempo, ci sono segnali in controtendenza: molti dei principali attori del settore parlano di “bolla”, una forma di consapevolezza che tendenzialmente scarseggia nei momenti di euforia irrazionale.
2. Non è detto che la dinamica avrà un crash rovinoso. Ci sono alcune analogie con la bolla delle dot.com degli anni ‘90, l’inflazione delle retribuzioni in alcuni grandi gruppi tecnologici, la diffusione delle buzzword, la corsa recente alle quotazioni. Ma altri fattori sono molto diversi: il focus allora era legato ai mercati azionari, chiunque parlava delle internet stocks e buona parte delle aziende dot.com aspiravano a quotarsi rapidamente senza business model o impianti finanziari solidi. Oggi la situazione è diversa: il problema è prevalentemente a monte, nelle aziende nella primissima fase del loro ciclo di vita che stanno ricevendo decine di milioni di dollari di investimenti, molto meno nei mercati azionari, dove la situazione è mista e, per il momento,meno preoccupante(un misto di IPO di aziende assolutamente sane, come Linkedin, meno sane, come Groupon, o sane ma potenzialmente sopravvalutate).Rispetto agli anni ’90 altre cose sono cambiate: la qualità media dei modelli di business è più elevata, gli investitori tendono ad essere più cauti e la Silicon Valley non è più l’unico epicentro.
3. La bolla in Italia rischia di arrivare in ritardo e nel modo peggiore. La bolla in Italia è arrivata solo in parte. Da un punto di vista finanziario c’è ben poco: anche se si stanno moltiplicando i programmi di accelerazione di startup, il contesto è ancora ostile. E’ difficile raccogliere fondi e le retribuzioni degli sviluppatori sono assolutamente sotto la media degli altri paesi avanzati. E’ invece arrivata pienamente la bolla da un punto di vista mediatico: circolano sempre più le parole“internet, startup, innovazione”. Questa bolla comunicativa non è negativa in sé (abbiamo assolutamente bisogno di internet, startup, innovazione) ma a volte lo diventa perché non si traduce in atti concreti: le misure per migliorare l’ecosistema dell’innovazione sono poche e costruire imprese ad alto potenziale di crescita rimane incredibilmente difficile.C’è il rischio che la bolla, in senso finanziario, arrivi in ritardo e nel modo peggiore: i capitali potrebbero affluire proprio poco prima che salti il meccanismo. Bisogna evitare questa prospettiva.
4. L’economia digitale sopravviverà al ciclo economico. Se la bolla non si tradurrà in un ciclo economico normale, con una flessione naturale e smorzata, allora ci sarà il rischio di una discontinuità nel settore. Questo, come è accaduto più volte nel passato, potrebbe portare alla temporanea riduzione dei capitali messi a disposizione, alla perdita di posti di lavoro, alla rinormalizzazione delle retribuzioni ed alla perdita dell’aura “cool” del mondo web/mobile. Tuttavia, indipendentemente da quanto sarà forte l’atterraggio, la bolla non ridurrà l’impatto di lungo termine dell’economia digitale. La trasformazione socio-tecnica creata dai network e dalle tecnologie dell’informazione, fuori dalla contingenza economico-finanziaria,continuerà a cambiare in modo radicale il nostro modo di vivere, di lavorare e di pensare.
5. L’Italia ha comunque bisogno delle imprese ad alto potenziale. Bolla o non bolla, moda o non moda, creare startup in Italia resta piuttosto difficile. Servono molti ingredienti: le persone, la cultura, il capitale di rischio, le università, il contesto. Dai noi fare innovazione è molto complesso, nonostante il fatto che se ne parli continuamente. Cerchiamo di superare questa prospettiva: l’economia del nostro paese ha bisogno di mitigare i suoi limiti strutturali e di adattare i suoi settori tradizionali alla dinamica dell’economia globale.Ha bisogno di startup – vale a dire di imprese ad alto potenziale – indipendentemente dalle mode del momento. Come è stato già argomentato, questo è uno degli ingredienti fondamentali per produrre ricchezza e creare posti di lavoro in modo sostenibile nel tempo.
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)

lunedì 4 luglio 2011

Singularity University: la seconda settimana

Durante la seconda settimana della Singularity ogni mattinata è stata dedicata a studiare le “grand challenges”, vale a dire tematiche di grande rilevanza per il  miglioramento della condizione umana: istruzione, salute, energia, sicurezza, povertà, spazio.
Durante queste sessioni ci sono state piacevoli sorprese: l’apparizione del mitico Woz,Steve Wozniak, co-fondatore della Apple e tra i padri del personal computer (sotto trovate la foto che sono riuscito a scattare). E’ comparso inaspettatamente una mattina, seduto in ultima fila, e nella giornata successiva ha fatto un intervento a sorpresa. Altrettanto interessante è stata la testimonianza dei fondatori di Getaround, un’azienda che permette di affittare autovetture con modalità peer-to-peer. Di recente hanno avuto un balzo di notorietà perché hanno vinto una delle maggiori competizioni per startup,TechCrunchDisrupt, e per via dei due round di finanziamento che sono stati in grado di raccogliere. L’intervento di Getaround ha galvanizzato l’attenzione perché i fondatori sono ex-studenti della Singularity University che hanno concepito il loro progetto nel corso del programma estivo del 2009. La loro storia non è stata facile, per due volte hanno rischiato di chiudere i battenti, hanno subito una sfilza di “no” (ad esempio, erano stati rigettati più volte da TechCrunch, la competizione che hanno vinto successivamente) ed alcuni dei fondatori hanno lasciato il progetto durante i momenti di crisi. La svolta positiva è avvenuta nel 2011, con la chiusura di un accordo chiave con Berkshire-Hataway, la celebre holding/compagnia assicurativa legata a Warren Buffett, che ha permesso di sciogliere un nodo fondamentale dal punto di vista della “pace mentale” degli utenti che cedono le loro autovetture per essere messe nella rete di condivisione.
Interessanti anche le altre sessioni: da quella sull’energia, gestita da un vulcanico José Cordeiro, a quella sullo spazio, dove si sono esplorate le possibilità commerciali e c’è stata la testimonianza di alcune “startup spaziali” operanti nell’ambito della costruzione di nuovi vettori per il trasporto umano (come quelli realizzati da XCOR) e nei sistemi per l’estrazione mineraria extra orbitale (come nel caso di Moon Express. La cosa interessante è che anche una parte, piccola ma dinamica, del sistema dell’angel investing ha notato questo trend e ci sono attualmente strutture specializzate nel finanziamento di progetti di questa natura, ad esempio Space Angels.
Uno degli spazi problematici più interessanti è stato quello sulla sicurezza, legato alle tematiche della trasparenza, privacy, cyberwar, etc. Ne parlerò con più calma nelle prossime puntate anche perché forse sarà quello che porterò avanti, dipende da molti fattori (un’altra area papabile è “education”).
Nel corso della stessa settimana, nei pomeriggi, si è lavorato un profondità per sviluppare, grazie a facilitatori come Paul Saffo e Astro Teller, alcune abilità preliminari  per affrontare in modo efficace il problem solving di gruppo: analisi di scenario, tecniche forecasting, esperimenti di brainstorming con varie modalità  (a voce, con posti, con rotazione casuale tra gruppi e spazi prblematici, etc.).
Da non perdere anche lo “spit party” per raccogliere i campioni per il test genetico 23andMe e la serata di conversazione con Philip Rosedale, fondatore di Second Life (un sistema che per via della bolla mediatica avevo sempre snobbato ma che è meritevole di approfondimento su alcuni aspetti).
Infine, forse la parte più importante, il “non-corso”: una moltitudine di eventi costruiti spontaneamente, fuori dal programma ufficiale, dagli studenti e dai docenti. Ogni giorno, a pranzo, cena, di notte, ci sono lezioni, riunioni, workshop opzionali autorganizzati: si va da “Twitter 101” alla meditazione, dai fondamenti della programmazione alla riunione di gruppo delle donne,.  Una cosa è certa: il nome dato dagli studenti a questo posto, “sleepless university”, è ben meritato. 
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)

lunedì 27 giugno 2011

La prima settimana alla Singularity University


Dopo la prima settimana è difficile sintetizzare tutto quello che è successo: sono passati pochi giorni ma gli avvenimenti sono stati densi e continui. Ieri la giornata si conclusa con una iperbole geek: all’interno del Googleplex, durante una conferenza sulla nanotecnologia organizzata dal Foresight Institute, subito dopo la presentazione della startup spaziale Moon Express (di cui avevo già parlato), conosco alcuni dei mitici “ThielFellows”, che come noi della SU sono stati invitati all’evento. Troppe cose simultaneamente, ci vorrà un po’ per digerire.
I TF sono 20 ragazzi sotto i 20 anni che hanno ricevuto 100 mila dollari a testa da un grande investitore, Peter Thiel (anche lui vecchia conoscenza de LSDP), che li ha pagati per abbandonare l’università e lanciare progetti imprenditoriali: non pensavo di trovarli alla conferenza, è stato molto interessante poter parlare con alcuni di loro, teenager nell’aspetto ma chiaramente  intelligenti e proattivi.
La settimana si è svolta alternando testimonianze, lavori di gruppo, sessioni di teambuilding, barcamp dove gli studenti si trasformavano in docenti ed ovviamente lezioni interessanti: dall’inventore e futurologo RayKurzweil, sulle curve di avanzamento tecnologico,a David Rose di AngelSoft, sui temi della finanza e imprenditorialità, da Brad Templeton dell’Electronic Frontier Foundation,sull’evoluzione delle tecnologie informatiche, a Daniel Kraft, sul futuro delle tecnologie mediche.
Oltre ai docenti, tra la cerimonia di inaugurazione ed il circuito della SU, c’è stata anche la possibilità di conoscere molte persone di cui fino a poco fa avevo solo letto gli articoli o i blog: da Vivek Wadhwa, collaboratore della Harvard Law School ed articolista su TechCrunch, a Patri Friedman, nipote di Milton Friedman e fondatore del progetto Seasteading.
Nei primi giorni di corso sono stato piuttosto nerd, molto poco “italiano” e meno sociale del previsto, o meglio, meno di come si aspettano i miei compagni di corso. Sto recuperando, oggi ho cercato di arrangiare un evento congiunto tra i ThielFellows e la SU, vediamo come andrà. In tutto questo, c’entra anche l’Italia: la SingularityUniversity ha stretto una partnership con l’Expo 2015, di cui curerà una parte dei contenuti. Si tratta di una grande opportunità e, vista la complessità dell’evento, anche di una grande sfida.
Ci sarebbe molto altro da raccontare: la conoscenza degli studenti e degli alumni, le attività di team-building un po’ stile “Giochi Senza Frontiere”, le discussioni su Maradona con i ragazzi argentini, le riflessioni interessanti di Vivek sul programma Startup Chile …  ma preferisco terminare con una nota su alcuni dei fondatori.
E’ incredibile quanto siano vive e piene di risorse le persone coinvolte nella creazione della SingularityUniversity: penso ad esempio a Peter Diamandis, imprenditore seriale e vero “catalizzatore umano” della SU, un individuo con una capacità spiccata di motivare e caricare di energia le persone, chiaramente un bilanciatore rispetto all’approccio più cerebrale e asettico di Kurzweil. Si rivela inoltre fondamentale la presenza di  Dan Barry, una persona splendida e allo stesso tempo estremamente umile e disponibile (è il personaggio che vedete nella foto in alto a sx). Dan è astronauta, ingegnere, medico,esperto di robotica, personaggio pubblico. Ha fatto una strada in salita dove la perseveranza è stata premiata: per coronare il sogno di andare nello spazio ha inviato la sua prima application alla NASA a 23 anni, fallendo, fallendo l’anno successivo, anche quello dopo, l’anno successivo ancora …. riuscendo ad essere ammesso al programma Shuttle a 37 anni, dopo aver tentato ogni anno per 14 anni. Ora lo vediamo di notte, ogni giorno, seduto per terra, magari con la visiera e il trapano, mentre aiuta gli studenti a costruire robot montati con pezzi di fortuna. Parla poco ma offre i consigli precisi, pazienti, concreti, come se fosse un artigiano.
Mi sembra di capire, mai come prima d’ora, che con le persone giuste si può andare molto lontano. 

lunedì 20 giugno 2011

Singularity University: il primo giorno


Primo giorno alla Singularity University: i corsi non sono ancora iniziati ma il clima è di grande entusiasmo. Arrivo devastato dal jet lag, dopo aver visto in aereo un kitchissimoBattleshipYamato. Una navetta ci porta al campus NASA Ames, dove si parte per la registrazione: consegna badge, libri ed altro merchandising in regalo, gente da tutto il mondo, sottofondo musicale con Bob Marley.
Ieri giornata interamente dedicata al tema ”orientation”: come sopravvivere nelle 10 settimane che seguiranno. Ci sono svariate presentazioni: da come affrontare la dinamica di gruppo tra persone appertenenti a culture differenti al tipo di ricerche effettuate presso NASA Ames, da come seguire un programma di meditazione, rilassamento & fitness a quali applicazioni mobile potranno essere utili per facilitare lo studio e i gruppi di lavoro. Il pomeriggio si fa un tour del campus, dove abbiamo modo di vedere alcune delle strutture ciclopiche presenti, come ad esempiol’hangar one di Moffett Field.
Il termine della giornata è invece dedicato a giochi di team building e all’introduzione reciproca degli 80 studenti: provengono da 35 nazioni e da background piuttosto eterogeneiselezionati tra 2.200 application, molti dei quali hanno già fondato organizzazioni, aziende o hanno contribuito in modo significativo al loro campo di studi. La prima impressione è molto particolare: da un lato una vera e propria esplosione di diversità, dall’altro con alcuni c’è la sensazione di capirsi al volo e di avere molto in comune nonostante la distanza in termini geografici e di esperienza di vita.
Se si parla di politica, come capita a tutti gli italiani all’estero, è necessario rispondere alle inevitabili domande su Berlusconi.  Dopo le risposte di rito, faccio passare il discorso su Lo Spazio della Politica e la cosa piace più del previsto:)
La sensazione è che ci stiamo preparando a qualcosa di molto importante: da domani si inizierà a pensare in grande: analizzando tecnologie avanzate, dalla robotica alla bioinformatica,  cercando di risolvere in modo scalabile problemi molto complessi, dal miglioramento dei sistemi di istruzione all’inquinamento,tramite l’interazione feconda tra idee, persone e le risorse disponibili in Silicon Valley.
Accanto alle aule per le lezioni ed i workshop c’è un vero e proprio “Innovation lab”, pieno di schede Arduino, Lego Mindstorm, computer e varie componenti per costruire robot a basso costo. Prima ancora dell’inizio del corso, durante la prima notte, un gruppo di persone informalmente guidate da Dan Barry ha costruito un robot lowcost (sotto i mille dollari) per la telepresenza montando un iPad 2 con altre componenti. Si parte nel modo giusto, vedremo cosa succederà nei prossimi giorni… (articolo tratto da Lo Spazio della Politica)

mercoledì 15 giugno 2011

D-Wave One: Sul mercato il primo computer quantistico

Forse la realtà non reggerà la promessa. Ma se lo farà, quello che è appena avvenuto può essere considerato un passo molto importante nella storia dell’informatica. L’azienda canadese D-Wave, organizzazione ad alta intensità di ricerca che si è sviluppata negli scorsi anni grazie al fondo di venture capital Draper Fisher Jurvetson e alla banca d’investimento Goldman Sachs,ha annunciato di aver venduto il primo computer quantistico alla Lockheed Martin, celebre gruppo industriale legato alle tecnologie militari e aerospaziali.
Perché si tratta di una notizia importante ? La computazione quantistica non implica soltanto la possibilità di aumentare la performance del calcolo, in termini di velocità e miniaturizzazione della tecnologia, ma consente di risolvere intere nuove classi di problemi. Questo accade perché i computer quantistici si basano su unità elementari, i qbit, che sfruttano le proprietà della meccanica quantistica, portando a costruire un paradigma di elaborazione dell’informazione qualitativamente differente rispetto a quello attuale. Infatti, la computazione quantistica sfrutta alcune proprietà fisiche che sono evidenti nell’infinitamente piccolo, come l’entanglement e la possibilità da parte delle particelle di trovarsi in più stati simultaneamente.
Un computer quantistico potrebbe risolvere una serie di problemi che richiedono calcolo parallelo o la soluzione di quesiti matematici altamente elaborati, come la fattorizzazione di numeri molto elevati, che presentano una complessità computazionale che cresce in modo esponenziale. Alcune di queste applicazioni hanno una grande rilevanza: nelle simulazioni biomediche, nell’intelligenza artificiale, nella crittografia e – ovviamente – nella tecnologia militare. Un computer quantistico, infatti, sarebbe in grado di spezzare la quasi totalità dei codici esistenti in ambito civile e militare.
D-Wave One, il prodotto recentemente venduto, ha 128 qbit. Sono però carenti le verifiche sull’effettiva realizzazione della tecnologia, come sulla capacità di costruire il resto del meccanismo di elaborazione – non solo la CPU – in modo da essere congruente e sfruttare al meglio la logica della computazione quantistica.  E’ importante sottolinearlo perché quasi tutte le sperimentazioni di laboratorio relative a questa tecnologia si trovano su scala embrionale, con pochi qbit, in una fase di sviluppo lontana dal  trasferimento tecnologico e dell’immissione sul mercato. Se D-Wave mostrasse di aver superato la sfida, saremmo allora all’inizio di un nuovo ciclo tecnologico dove computer quantistici saranno disponibili sul mercato a prezzo sempre minore, con prestazioni crescenti, con un impatto potenziale nei prossimi decenni che ora è difficile stimare nella sua estensione: la tecnologia quantistica, come i computer tradizionali, probabilmente avrà applicazioni che oggi non riusciamo neanche ad immaginare. (articolo originale su Lo Spazio della Politica)

giovedì 2 giugno 2011

Progetti della Singularity University - 2009 - 2010


Di seguito un interessante post, pubblicato su SU4I, dove sono descritti alcuni dei progetti lanciati nelle ultime due edizioni del  Graduate Studies Program della Singularity University (2009 e 2010).
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GSP-2009
Getaround è un servizio di social car sharing che mira a togliere il 50% delle auto dalle strade urbane trasformando le auto private da costo a profitto. Attualmente attivo negli USA, ha appena vinto il premio TechCrunch Disrupt. Vedi post precedente.
CiviGuard è un servizio mobile di risposta alle catastrofi naturali. Permette di ricevere direttamente sul cellulare informazioni utili in caso di disastro, integrando molte sorgenti. E’ in grado di fornire informazioni anche in caso di assenza di copertura di rete. Presente negli Stati Uniti, sta per estendersi ad altre nazioni.
Acasa intende produrre case economiche e su misura attraverso la tecnologia della stampa tridimensionale (3D printing), tipicamente usata per la prototipazione rapida. Sta mettendo a punto la tecnologia grazie ad una collaborazione con l’università della Southern California.
OneGlobalVoice intende lanciare una piattaforma per servizi web per telefonini 2G, mirati ai paesi in via di sviluppo.
GSP-2010
H2020 è un sistema per la raccolta e la mappatura di informazioni relative alla disponibilità di risorse idriche. Si tratta di uno strumento, operativo tramite tecnologie mobile, di forte impatto per i paesi in via di sviluppo e per le zone dove l’acqua è una risorsa scarsa o mal distribuita. Attualmente attivo con un progetto pilota in Cile e nei prossimi mesi si estenderà a 500 comunità africane attraverso accordi di partnership con un’altra ONG.
Satellogic è un progetto per lo sviluppo di tecnologia per la fornitura di comunicazioni via satellite a basso costo. Sponsorizzato da un’impresa di ingegneria internazionale sta ultimando la messa a punto della tecnologia.
Made in Space è un’iniziativa, attualmente finanziata dalla NASA ed operativa nel centro di ricerca NASA Ames, per la realizzazione a basso costo di componenti per navi e stazioni spaziali tramite dispositivi di fabbricazione che utilizzano tecnologie di 3D printing posizionati fuori dall’orbita terrestre.
Escape Dynamics si propone di realizzare un sistema di propulsione per navette spaziali fuelless (senza combustibile) basato su un trasmettitore a microonde, posto a terra, e un propulsore a idrogeno a bordo della navetta, allo scopo di ridurre i costi dei trasporti aerospaziali di circa un ordine di grandezza. Sta mettendo alla prova il primo prototipo.
Fre3dom mira a creare opportunità economiche nei paesi in via di sviluppo attraverso la fabbricazione a mano di oggetti utilizzando materiali riciclati. Finanziato da privati.

sabato 28 maggio 2011

Grazie LSDP !

Ringrazio gli amici di Lo Spazio della Politica per questo post sulla prossima partenza per la Singularity University e per il supporto tramite Crowdrise :)

martedì 24 maggio 2011

Bitcoin: un esperimento di moneta peer to peer


a rivoluzione digitale inizia a manifestarsi in maniera sempre maggiore nella finanza: dall’adozione di complessi algoritmi per il trading automatizzato al crowdfunding, dal peer to peer lending ai micropagamenti on line. Questo processo, grazie a progetti come Bitcoin, ha ora aperto una finestra importante nella creazione, scambio ed utilizzo di moneta grazie alle tecnologie peer to peer. Da decenni ci sono speculazioni teoriche ed esperimenti sulla creazione di monete complementari e di sistemi monetari alternativi, ma solo oggi è possibile in modo rapido, facile ed intrinsecamente globale costruire mezzi di pagamento, misura del valore e accumulazione di potenziale economico al di fuori del controllo delle banche centrali e delle autorità di regolamentazione finanziaria.
Bitcoin, scaricabile per Win, Mac o Linux qui e qui è emerso rispetto agli altri esperimenti relativi al micropagamento o alla creazione di valute digitali, come Flattrl, Ven, Ripple o le monete virtuali di Second Life e World of Warcraft,  per via della solidità del suo modello: un meccanismo autenticamente peer to peer, trasparente e radicalmente decentralizzato nella gestione delle transazioni abbinato ad un algoritmo di produzione monetaria, nel gergo specifico “mining”, molto solido e capace di evolvere dinamicamente, che permette di limitare la quantità di valuta disponibile e di controllarla nel corso del tempo. Come si può vedere in questi due video divulgativi, qui e qui, i bitcoin sono autenticamente virtuali e condivisi, nel senso che non c’è nessuna autorità centralizzata che li produce, sono generati dalla capacità computazionale della rete, e allo stesso tempo non derivano da un deposito o da una conversione.
Attualmente sono in circolo circa 40 milioni di dollari, suddivisi in 6 milioni di bitcoin del valore di circa 6,5 dollari l’uno E’ molto probabile che il valore medio delle monete aumenterà nel tempo, con il crescere del numero degli utenti e con la diffusione del sistema, tenendo anche conto del fatto che il numero totale di bitcoin avrà un tetto pari a 21 milioni. Si sta espandendo il numero di organizzazioni ed individui che accettano i bitcoin come forma di pagamento, come i servizi collaterali relativi all’usabilità, al tracciamento del mercato e al trading, ad esempio Bitcoin Market e MyBitcoin.
C’è già chi definisce questo progetto come il “Wikileaks della politica monetaria”. E’ molto probabile che se Bitcoin decollerà entrerà entro breve nel radar degli enti di regolazione finanziaria ed il sistema subirà delle limitazioni: nella configurazione attuale l’architettura stessa del sistema impedisce a singole istituzioni di organizzarlo o controllarlo. Tuttavia è ancora presto per trarre conclusioni: al di là del successo che avrà l’iniziativa, si tratta di un esperimento concreto di grande rilevanza sul piano intellettuale, una sonda che esplora le fondamenta e le possibilità di espansione esistenti delle costituzioni economiche attuali.
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)

domenica 15 maggio 2011

AppsBuilder: l'ultimo investimento di Annapurna :)

Ecco il comunicato stampa:

NASCE APPSBUILDER
Piattaforma universale per lo sviluppo di applicazioni mobile
Milano, 12 maggio 2011 - AppsBuilder – www.apps-builder.com – è un’innovativa piattaforma online che consente di creare, in soli tre semplici passaggi, applicazioni personalizzate per iPhone, iPad, smartphone e tablet Android e web app. Il servizio, intuitivo e immediato, permette anche la trasformazione di qualsiasi sito web in un’applicazione mobile. Nasce dall’idea di due imprenditori 25enni di Ivrea – Daniele Pelleri e Luigi Giglio – studenti del Politecnico di Torino.

AppsBuilder è un servizio pensato per gli utenti internet che vogliono creare un’applicazione mobile. Una tecnologia innovativa che può essere utilizzata da chiunque – professionisti e non – anche per tramutare qualsiasi sito web in applicazione. La piattaforma consente di pubblicare e distribuire le app sui principali store (Apple, Android e presto anche Windows) e di ottimizzare la visualizzazione dei contenuti del sito nella navigazione da dispositivi mobile. Può essere utilizzata da singoli utenti come anche da web agency che vogliono accompagnare i loro clienti nella migrazione verso il mondo del mobile. Gratis per chi è disposto a ospitare banner pubblicitari gestiti da AppsBuilder sulle proprie applicazioni, o a un costo di 15 euro al mese per chi non vuole la pubblicità o preferisce gestirla indipendentemente.

AppsBuilder e Wordpress
AppsBuilder ha sviluppato un innovativo plugin per Wordpress, la più importante piattaforma per la creazione di blog con oltre 30 milioni di siti creati nel mondo con la sola versione 3.0. È il primo plugin al mondo che consente a blogger e amministratori di siti di convertire i loro contenuti in applicazioni native (pronte per la pubblicazione sugli store) per Apple, Android e in web-app. Il servizio è gratuito e completamente self service, implementabile attraverso un processo semplice e intuitivo.

Il mercato mobile
Il mercato delle application rappresenta un fenomeno in grande crescita e rapida evoluzione, con oltre 500.000 le applicazioni scaricate ogni ora e un utilizzo intensivo di questi prodotti digitali da parte degli utenti (22 le applicazioni installate in media da ciascun possessore di smartphone e circa 3 ore il tempo trascorso quotidianamente nell’utilizzo di applicazioni, Fonte Borrel). Secondo una ricerca Gartner, nel 2011 i ricavi degli application store supereranno i 15,1 miliardi di dollari, con un incremento del 190% rispetto ai 5,2 miliardi del 2010[1]. Globalmente si prevede anche che nel 2011 i download dagli application store superino i 17,7 miliardi, con un incremento del 117% rispetto al 2010 ed entro il 2014 oltre 185 miliardi di applicazioni saranno state scaricate dal luglio 2008, data del lancio dell’Apple Store.

"Siamo sempre stati appassionati del mondo delle applicazioni e ne realizzavamo per alcuni clienti in tutta Italia”, racconta Daniele Pelleri, fondatore insieme a Luigi Giglio di AppsBuilder, “Da lì l’idea di creare un servizio accessibile a tutti per sviluppare prodotti mobile compatibili con ogni dispositivo. La versione beta di AppsBuilder, caricata su un nostro server a novembre 2010, ha visto in un mese la registrazione di 2.400 utenti con la creazione di 1.800 applicazioni. Viste le recensioni, da subito eccellenti su blog italiani e internazionali, abbiamo deciso di cercare supporto per proporre AppsBuilder su larga scala. In Annapurna Ventures abbiamo trovato il partner ideale per fornirci le competenze necessarie per lanciare un'azienda. Insieme a Guido Mancassola, nostro Business Development Manager, stiamo lavorando per fare di AppsBuilder un servizio in grado di soddisfare in modo semplice, economico e time-efficient una domanda in forte crescita”.

“Abbiamo incontrato Daniele e Luigi e deciso di affiancarli come partner nello sviluppo della loro start up. Da subito abbiamo compreso il potenziale della loro idea in termini d’innovazione tecnologica, individuando nella scalabilità del progetto un elemento chiave”, ha dichiarato Massimiliano Magrini, Amministratore Delegato di Annapurna Ventures, “AppsBuilder è infatti facilmente esportabile e può essere utilizzato a livello globale senza alcun problema. “Inoltre riteniamo il mercato mobile strategico per la nostra attività d’investimento”, aggiunge Mario Mariani, Venture Partner di Annapurna Ventures, “Nel 2011 i ricavi degli application store supereranno i 15,1 miliardi di dollari con un incremento del 190%[2]. Entro il 2014 i download di applicazioni dovrebbero essere oltre 185 miliardi e AppsBuilder ha tutte le carte in regola per diventare un attore di riferimento per l’accesso al mercato del mobile”.

Dopo sette anni ai vertici di Google Italia, nel 2009 Massimiliano Magrini fonda Annapurna Ventures, un Venture Incubator specializzato nel supporto a iniziative imprenditoriali in ambito tecnologico nella fase di start up. Co-investitore in Annapurna è Mario Mariani fondatore di The Net Value, incubatore con sede a Cagliari. Insieme i due manager condividono un progetto e soprattutto uno spirito imprenditoriale che unisce al dinamismo dell'Angel Investing tradizionale l'approccio quantitativo e strutturato del Venture Capital. "L'incontro fra tecnologia, produzione e distribuzione dell'informazione rappresenta una straordinaria opportunità di innovazione”, dichiarano Massimiliano Magrini e Mario Mariani. Lo sviluppo di internet e delle tecnologie digitali rende possibile la sperimentazione su larga scala di nuovi progetti imprenditoriali dove talento e creatività possono svilupparsi senza limiti geografici anche grazie al mentoring e al supporto finanziario dei moderni venture capitalist. Obiettivo di Annapurna è trasformare idee innovative nell'ambito dei Web Services, del Mobile e del Software in imprese di successo.
[1] Il dato è il risultato della somma tra i ricavi di vendita delle applicazioni e gli introiti dalla pubblicità sulle applicazioni stesse.
[2] Dati riferiti a una ricerca Gartner del gennaio 2011.

sabato 23 aprile 2011

Elon Musk: un profilo


Elon Musk fa parte di un gruppo di individui di cui si parla poco ma che, nel senso più profondo del termine, sta cambiando il mondo. Ha alcune affinità con Peter Thiel, di cui abbiamo discusso qualche tempo fa . Sono accomunati dal fatto di essere imprenditori seriali e “contrarian-thinker”, con la vocazione di impegnarsi in progetti ad alto rischio ed elevato impatto potenziale. Infine, entrambi hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo di PayPal, entrando nella cosiddetta “PayPal Mafia”, il gruppo di persone che ha contribuito in modo significativo alla nuova ondata di startup in Silicon Valley nel primo decennio degli anni ’00.
Uno dei maggiori successi di Musk è legato a SpaceX, azienda che sta guidando un processo di cui abbiamo parlato pochi giorni fa, vale a dire la costituzione di una vera e propria industry del volo spaziale privato. I vettori di SpaceX hanno lo scopo di aumentare l’efficienza del lancio e della messa in orbita di strumenti o persone, abbattendone il costo per kilogrammo. L’obiettivo è quello di spezzare una paradigma, vale a dire il fatto che per diversi decenni, fino a pochi anni fa, il costo dei voli spaziali è stato esorbitante ed ha impedito la diffusione e democratizzazione degli stessi. Space X attualmente sta realizzando, con il supporto della Nasa, il sistema che sostituirà lo Space Shuttle.
Un altro progetto di cui Musk è co-fondatore è Tesla Motors, casa di produzione automobilistica specializzata in auto elettriche ad alta performance. Anche in questo caso l’obiettivo è spezzare un paradigma esistente: il fatto che le auto elettriche o ecologiche debbano essere lente, pesanti, inefficienti e spesso brutte. I veicoli prodotti da Tesla Motors invece sono auto sportive, potenti e curate nel design, come la “Model S” e la “Roadster”.
Nel frattempo l’imprenditore quarantenne è coinvolto in alti progetti, ha investito nel settore delle energie rinnovabili con Solar City ed è coinvolto nello sviluppo di HalcyonMolecular, azienda che sta cercando di aumentare l’efficienza del sequencing genico, una tecnologia fondamentale per lo sviluppo della biologia molecolare e delle sue applicazioni mediche e industriali.
Imprenditori e investitori come Musk o Thiel sono, nel senso più puro del termine, gli agenti della distruzione creativa schumpeteriana: orientano le loro energie ed i loro sforzi nel modificare in modo sostanziale i settori in cui operano,  portando a discontinuità di natura qualitativa e cercando di rendere possibile quello che, fino a pochi anni prima, sembrava irrealizzabile. 

mercoledì 13 aprile 2011

DAL GOOGLE LUNAR X PRIZE A MOON EXPRESS: COME CAMBIA L'ESPLORAZIONE SPAZIALE


L’esplorazione spaziale fa pensare ai grandi programmi governativi, alla fantascienza o a un nodo di speranze infrante negli anni passati. Quello che accade oggi nel mondo va in un’altra direzione: la ricerca nelle tecnologie spaziali, come la possibilità di applicazione, si sta sganciando dai modelli tradizionali, avvicinandosi sempre di più all’innovazione imprenditoriale, basata su meccanismi decentrati, reticolari e bottom-up.
Pensiamo ad esempi come Moon Express, un’azienda che progetta sistemi per il trasporto di minerali rari dalla luna alla terra. Sembra fantascienza ? Non lo è affatto: hanno appena vinto un contratto di 10 milioni di dollari dalla Nasa. Moon Express è stata fondata da due personaggi che hanno già avuto un impatto significativo, ad esempio Barney Pell, uno dei fondatori di Powerset, una startp famosa nel mondo perché è stata acquisita da Microsoft per 100 milioni di dollari al fine di mettere in piedi i sistemi di analisi semantica del motore di ricerca Bing. Moon Express è ora in pole position per il Google Lunar X Prize, una iniziativa sponsorizzata da Google che aderisce al ciclo degli “X prizes”, vale a dire premi per iniziative imprenditoriali in settori altamente innovativi con un potenziale impatto dirompente sull’avanzamento scientifico e tecnologico.
Un altro esempio da citare può essere quello di Virgin Galactic, l’impresa di viaggio e turismo spaziale privato fondata dal Richard Branson, il creatore dell’impero “Virgin” che negli anni passati ha attraversato svariati settori, dalla distribuzione di musica al trasporto aereo. Il suo team è stato in grado di produrre un sistema che a partire dal 2011 porterà, tramite voli privati, dei comuni cittadini in orbita per cifre relativamente ragionevoli. La combinazione di vettori dedicati, come SpaceshipTwo, piattaforme di supporto, come Spaceport America e sistemi di incentivazione, come l’Ansari X prize, hanno permesso di realizzare un’iniziativa che fino a poco tempo fa poteva sembrare solo frutto dell’immaginazione.
Alcuni dei personaggi più intelligenti ed intraprendenti al mondo stanno spendendo tempo e risorse in questo settore: da Sergey Brin a Richard Branson, da Larry Page a Peter Diamandis, Le domande sono oggi più delle risposte, non è possibile prevedere come e con quale velocità procederà questo campo tecnologico. Certo è che l’esplorazione spaziale ha preso una direzione fertile ed interessante. Forse tra 10 anni esisteranno fondi di venture capital specializzati in questo settore. Forse il costo dei voli si abbasserà ad un livello tale da permettere ad un cittadino della classe media di partecipare a tali iniziative. Non lo sappiamo, ma è possibile dire che una scintilla della Silicon Valley, fino ad ora pensata prevalentementecome legata alle internet startups, è penetrata in modo indelebile nella ricerca spaziale, producendo effetti che potrebbero cambiare le nostre prospettive in modo significativo. (da Lo Spazio della Politica)

venerdì 25 marzo 2011

L’UNIVERSITÀ TRA PASSATO E FUTURO


Si parla spesso di università con le categorie sbagliate, focalizzandosi unicamente sul dibattito locale  e sulla contingenza politica. In realtà la discussione sulla riforma dei sistemi di educazione superiore è vivissima su scala internazionale e stanno uscendo numerosi testi a riguardo, ad esempio Engines of Innovation: The Entrepreneurial University in the Twenty-First CenturyThe Great Brain Race: How Global Universities Are Reshaping the World e DIY U: Edupunks, Edupreneurs, and the Coming Transformation of Higher Education.
Un filo conduttore di questi libri è la ricerca di modelli di formazione e ricerca capaci di reggere il passo con la complessità del mondo attuale, tendendo verso strutture aperte al mondo esterno, meritocratiche e dotate di proiezione globale. Focalizziamoci su Engines of Innovation di Holden Thorp e Buck Goldstein.
Il testo analizza le modalità con cui le università possono diventare luoghi più imprenditoriali. Non si tratta di qualcosa di nuovo, tantomeno di una moda, ma di un ritorno al passato. Il fenomeno che ha portato i centri accademici ad essere strutture burocratiche e compartimentate, con una rigida divisione tra discipline e spesso una scarsa comunicazione con il mondo esterno, è relativamente recente. Fin dall’antichità i centri di sapere sono stati dei “magneti” capacità di attrarre risorse, persone di talento e idee. Oggi, sostengono gli autori, le università più efficaci hanno la capacità di avere un approccio intraprendente nella gestione dei processi formativi e dei progetti di ricerca. Questo significa essere più rapidi, innovativi, capaci di assumere alcuni rischi, gestendo in modo dinamico e flessibile l’interazione tra risorse di natura differente (derivanti dal settore pubblico, da aziende, da organizzazioni filantropiche, da endowments, dalla rete di alumni, etc.), abbattendo i muri sia interni, che impediscono la collaborazione interdisciplinare, sia quelli esterni, che impediscono uno scambio di informazioni ed esperienze con il mondo esterno.
In secondo luogo, il libro si focalizza su come insegnare l’imprenditorialità. Nel mondo attuale la ricchezza e l’occupazione sono create in misura sempre maggiore da nuove aziende, sia in settori ad alta crescita (ICT, biotech, medicale, cleantech, etc.) sia  in settori tradizionali affrontati con un approccio innovativo (come sta accadendo, ad esempio, nell’enogastronomia e nel turismo). E’ un dato molto importante che trascende le discipline tecniche ed economiche: la capacità di creare progetti indipendenti e innovativi è essenziale nei percorsi di carriera correlati a tutte le aree del sapere. Si pensi, ad esempio, alla tematiche della social entrepreneurship e della social innovation, vale a dire l’utilizzo di tecniche imprenditoriali, con focus sulla professionalità e sulla capacità di superare i paradigmi operativi esistenti, per la soluzione di problemi sociali ed ambientali. La creazione di impresa è stata al centro di alcuni progetti formativi di successo, come lo Stanford Technology Ventures Program, e possiamo citare anche degli esperimenti che coinvolgono il nostro paese, come le borse Fullbright BEST.
Infine, il testo analizza la questione dell’organizzazione accademica: i ruoli, la governance, la leadership, le strutture, devono essere in linea con l’obbiettivo della flessibilità e dell’apertura. Questo significa anche un certo livello di tolleranza per il rischio, componente fisiologica dei progetti di natura innovativa. Vuol dire anche una capacità di gestione delle risorse e della complessità che aumenta rispetto al passato, dato che team multidisciplinari che attingono a fonti di finanziamento eterogenee sono difficili da gestire, oltre che nel lato relazionale, anche da un punto di vista amministrativo. Si tratta quindi di un processo di maturazione che deve essere progettato accuratamente, ma che può dare grandi frutti, rendendo le istituzioni accademiche capaci di contribuire maggiormente allo sviluppo culturale, economico e sociale.
Molte delle posizioni sostenute da Thorp e Goldstein sono di grande importanza per il caso italiano, dove la rigidità e la chiusura del sistema accademico sono molto più rilevanti in comparazione con altri contesti. Su questo versante c’è molto da fare: è di grande importanza un’apertura al dibattito internazionale ed una spinta che possa rendere il sistema di istruzione più efficace nel reggere le sfide degli anni a venire.
(articolo originale su Lo Spazio della Politica)